CHAOS SURFARI

 

Chaos Surfari

Chaos Surfari

CHAOS SURFARI è un progetto che racchiude cinque oscuri militanti del sottobosco musicale italiano. Chaos Surfari nasce un anno fa,ispirato nel nome dall’omonimo racconto sci-fi del 1989 di Rudy Rucker e Marc Laidlaw. La loro musica si sviluppa nelle distorsioni,nei feedback,nella cruda realtà ma anche nell’immaginifico mondo del cinema e della fantascienza. Gli anni 90 ,adesso. I cinque provengono tutti da differenti progetti:Sottopressione, merci Miss Monroe, Samurai,Cheap Mondays, ThePinkRays.
Si sono ritrovati e stanno costruendo insieme. From chaos to surf. Le liriche trattano l’amore,i vampiri,la pazzia negli occhi delle donne,le cose belle,le droghe.
Provenienti da esperienze diverse (Sottopressione, Merci Miss Monroe, The Pink Rays, Samurai), i Chaos Surfari suonano bubblegum grunge con un’attitudine punk. La band si è esibita non solo in Italia, ma anche nel Regno Unito ed ha all’attivo un singolo: “Do Something” (prodotto da Paolo Mauri). Hanno aperto i concerti di Kasabian, Yuck, The Pains of Being Pure at Heart, Ash. Il loro ultimo e.p. EMELIEBOY è uscito il 16 febbraio 2013 per l’etichetta milanese Rocketman Records.

I Chaos Surfari porteranno ad A Night Like This Festival 2013 un esclusivo set acustico in 4.

Facebook – https://www.facebook.com/chaossurfari

 

I DjSet ad A Night Like This Festival

SliderDJ

Non solo live music ad A Night Like This Festival 2013 :  ad accompagnarci fino a notte saranno anche le raffinate selezioni musicali dei nostri djs.

Durante la giornata nell’area relax del Palco Del Quieto Vivere e poi a chiudere i concerti del Palco Dell’Esploratore avremo il djset psichedelico di Fede’n △ Roll, fondatore e resident DJ dalla serata torinese Kicks Up.

Sul palco delle colline prenderà posto ai piatti Marco Foresta: dj, produttore e percussionista, resident e art director del club Sugho a Ivrea, il suo set trae ispirazione da sonorità jazz, techno, afro beat, dub.

I  Fellas sono un Toscano e un Veneto ritorvatisi a Milano, prima a condurre un programma a contenuto musicale su Radio Bocconi e poi alle consolle nei locali sui navigli, porteranno la loro carica con un esplosione di new indie, electro e italo disco e rock’n’roll all’interno della pluriuso fino a notte fonda.

https://www.facebook.com/KICKSUP

http://www.mixcloud.com/sughoclub/

THE SELFISH CALES

The Selfish Cales

The Selfish Cales

Ai tempi in cui Myspace andava incontro al suo inesorabile declino, un nuovo progetto di inediti nasceva grazie ad alcuni fortunati incontri sul Social Network; reduci da precedenti progetti, Andy, Chris e Gabriel si ritrovano a formare il gruppo con l’idea di proporre una realtà musicale attenta tanto alla musica quanto al fattore visivo.

Nei primi mesi di sala prove si forma velocemente il repertorio di brani che darà vita a settembre 2010 al primo omonimo EP dei Cales, segno di una semplice ma affiatata alchimia: il primo omonimo EP consiste in 4 tracce di inediti (più una cover), autoprodotti in 100 copie promozionali, EP che porta il neonato progetto in varie realtà live Torinesi proponendo un sound ancora marcatamente Garage, ma con ambizioni psichedeliche e una forte identità sessantiana.

L’inserimento di Alberto Muraglia (Albert Cale) nella line up all’organo, tastiera Rhodes e Mellotron e l’arrivo del Sitar Indiano suonato da Gabriel gettano le basi per un nuovo sound ed un secondo EP (“The Selfish Cales II”), pubblicato a Settembre 2011 in download gratuito, promosso dal videoclip dell’opening track “Psychedelic Eyes”.

Il giovane percorso dei Cales prosegue attraverso decine di live con aperture fuori porta e un secondo videoclip del singolo “Useless”, più un piccolo progetto di tributo alla Psichedelia sessantiana rilasciato nell’estate 2012, “Dandelion Seeds”: il prossimo passo è la produzione del primo LP, dal quale trasparirà una panoramica tra presente e futuro delle sonorità dei Cales.

– Facebook https://www.facebook.com/theselfishcales

– Sito Internet http://www.theselfishcales.com/

Reviews

“I torinesi Selfish Cales sono giovani ed entusiasti. Memori della tradizione psichedelica/garage locale (qualche nome: Fantom’s e Astrali negli anni 60, The Sick Rose e No Strange negli 80) propongono un gradevole secondo EP, dalla copertina ispirata a “Disraeli Gears” (1967) dei Cream. Nessuna traccia di blues, sebbene psichedelico, qui, però: semmai ai Selfish Cales interessano immaginario e clima sonoro di quel periodo in cui il garage rock Sixties si colorava di bagliori acidi. Per cui qui si sentono echi dei primi Pink Floyd di “The Piper at the Gates of Dawn” (in “Light Worms & Old Dancing Ladies”) come brani in puro stile garage come “Psychedelic Eyes”, scelta per il bel video, semplice eppure d’impatto.

Ma il biennio 1966/1967 è per forza filtrato dai revival psichedelici posteriori: ecco che l’esempio degli anni 90 si affaccia tanto in “The Machine” e “State of Eternity”, dove la musa ispiratrice sono i Kula Shaker (con tanto di ritmo reggae), quanto nella conclusiva “Black & White Rainbow”, dove è trasparente il modello shoegaze di Ride o Chapterhouse. Proprio “Black & White Rainbow” è di gran lunga il brano migliore dell’EP: è qui che il delirio psichedelico fa il suo dovere, tra cori celesti e chitarre infiammate.

A giudicare anche dal video di “Psychedelic Eyes”, i Selfish Cales probabilmente sono un’ottima band live, ma su disco non riescono ancora a rendere la carica aggressiva e il sacro fuoco psichedelico che dovrebbe infiammare ogni loro brano. La molteplicità delle influenze, pur di genere, è senz’altro un tratto positivo, ma deve ancora amalgamarsi in una proposta compiutamente originale, per quanto qua e là la band faccia intravedere la propria personalità. EP consigliato agli amanti del genere, perché indubbiamente gradevole, ma per molteplici motivi ancora lontano dai vertici di altre proposte italiane di ambito psichedelico.” Rockit

YOUNGER AND BETTER

Younger And Better

Younger And Better

Gli Younger and Better nascono nel 2012 dalle valvole incandescenti di un VOX in Converse e jeans strappati, che ubriaco per le vie di Sheffield si è innamorato di un’onda quadra, trucco sfatto e sigaretta. Colpa della vita o chissà di cos’altro, lo stile della band si impregna di influenze indie, post-rock, dubstep e drum’n’bass alcoholico, portando sul palco cupe e furiose miscele di chitarre taglienti e bassi subsonici, scandite da rullate a 260 bpm e scoppiettìo di valvole surriscaldate. I live firmati YAB riversano sul pubblico masse sonore palpabili, troppo consistenti per essere confinate nelle quattro mura di un pub, una nebbia fitta di vibrazioni e incazzatura.

Dopo un ep di 6 tracce intitolato “Last Known Surrenders”, pubblicato a dicembre, la band, in piena cascata creativa, progetta un ritorno in studio per fissare nella memoria dei posteri le proprie allucinazioni e la sua unica certezza: i riverberi sono marciti e le distorsioni si sono infettate.

Facebook – https://www.facebook.com/pages/Younger-and-Better/224997872438

Bandcamp – http://youngerandbetter.bandcamp.com/

Reviews

“Giovani (nel nome, almeno), di recentissima formazione, al primo ep. Dichiarano di trarre spunto “dall’energia dei 65DoS, dalla meticolosità degli Explosions in the Sky e dall’intelligenza dei Suuns“, tutte band con cui gli Younger and better hanno a ragione qualche punto di contatto, ma di cui non hanno ancora mutuato una caratteristica importante, l’imprevedibilità.

Ciò non significa tuttavia che questo “Last known surrenders” sia un brutto disco, tutt’altro. Ha dalla sua un suono levigato e con le idee chiare, definito in particolare dalle chitarre e dalle ritmiche essenziali ma non minimaliste, l’ottimo livello compositivo dei pezzi (tra cui si stagliano “Mountainhead” e “Untitled”), e la generale percezione che la band possa crescere ancora, a partire dalla voce, già comunque più che soddisfacente. Una prima uscita promettente, senza dubbio. E c’è da scommettere che l’imprevedibilità arriverà coi prossimi lavori.” Rockit

“Questo quartetto di Milano, al debutto assoluto, è dedito a un art-rock che alterna momenti cupi ad altri che emanano vibrazioni decisamente più positive. Dal punto di vista stilistico, si passa da un’impostazione puramente rock a episodi nei quali si inseriscono sintetizzatori e ritmiche elettroniche. Tutto questo avviene non tanto tra una canzone e l’altra, ma piuttosto all’interno di ognuno dei sei brani. Tra l’altro, c’è anche una certa concisione nell’elaborare queste idee di base, perché tutti i brani durano meno di quattro minuti a eccezione dell’ultimo. Naturalmente, il rischio per un gruppo esordiente che ambisce a mettere insieme questi diversi elementi è che il risultato sia poco compatto e/o pretenziosi, ma gli Younger And Better senz’altro la maturità non l’hanno ancora raggiunta, e ci mancherebbe, ma il loro lavoro suona già coeso e diretto come dovrebbe essere affinché tentativi come il loro abbiano un senso. Meritano, quindi, di essere seguiti, anche perché dal vivo hanno anche una marcia in più rispetto a questo già buon Ep” Stefano Bartolotta per OndaRock

KINOLA

Kinola

Kinola

Giramondo per natura, i Kinola nascono in una vecchia sala prove sopra un magazzino di Brooklyn: qualche concerto e poi tutti via, ognuno per la propria strada. Con nuova formazione approdano all’A Night Like This Festival 2013, proponendo una manciata di canzoni semplici e dolci, tra indie, country e rock, nate tra le mille luci della città e gli spazi aperti dell’Indiana e della Brianza. Sodali dei Pocket Chestnut (già visti l’hanno scorso su questi palchi) coi quali condividono  la sezione ritmica, i Kinola sbarcano a Chiaverano per dare un assaggio del country-folk di ieri e del indie-rock di oggi.

Facebook – www.facebook.com/kinolaband

 

 

LE CASE DEL FUTURO

Le Case Del Futuro

Le Case Del Futuro

Dopo l’esordio sulla lunga distanza con “Lucertole”, che gli è valso la partecipazione a ‘Moby Dick’ su Radio2 e al MIAMI Festival oltre che l’inserimento da parte di Rockit tra le band da tenere d’occhio per il 2013, la band bresciana torna con un nuovo EP ed una nuova label.

“Neve EP” si sviluppa tra shoegaze, melodie pop e asperità noise:  quattro tracce, due inediti, una cover degli Scisma ed un remix (ad opera di Luca Giovanardi dei Julie’s Haircut). Lo shoegaze flirta con il pop ed ha finalmente un nome italiano: Le Case del Futuro.

Recensioni

(…) Dopo i successi del disco dell’anno passato, che raccoglieva dieci pezzi stretti e compatti e che porta avanti l’idea di sonorità legate al post punk, i bresciani si preparano con questo NEVE ep a formulare le basi concettuali del loro prossimo album.
La trama ci porta in un primo tempo a pensare a un impeto shoegaze, ovvero esplosioni a singhiozzo di chitarre, a cavallo di batterie spianate, che prestano poi il La, ricucendo melodie, ad un’intimista voce pop che racconta emozioni e pensieri. Questo è il tentativo, discretamente riuscito, dei due inediti iniziali del disco, che però peccano, se l’espressione è concessa, di una vaga ripetitività di reef e accordi. Tungsteno, invece, diventa un pò più spigolosa e marcata nelle note, rispetto alla dolcezza dell’originale, e anche più carica di marcature di percussioni, trovando in un certo senso, nuovo spirito e vigore, sotto il segno del sound tipico espresso dai nostri Le Case del Futuro. L’Ultima appare remiscelata in una visione più trasognante grazie agli insistenti e onirici loop elettronici di Giovanardi, miscelati con una certa deframmentazione ben realizzata di chitarre, che ne esaltano i contenuti dream pop e vanno a levigare le asperità e le leggermente più scremate note della versione precedente, migliorandone e facendone fluire la struttura.
Un ep che potrà essere un interessante preludio ad un nuovo e più maturo disco per la band bresciana, che potrebbe, smussando angoli e crudezze sonore, a vantaggio del fluire sonoro e la ricerca sperimentale tra tastiere e campionature avvolgenti, presentarsi come una nuova ed emozionante realtà di un certo Dream all’italiana, carico fra l’altro, di profondità liriche non da poco.” Indie-Zone

LUMEN

 

Lumen

Lumen

Freschi dell’uscita del loro secondo ep Correnti, per Deerwaves records (http://deerwaves.com/news/lumen-correnti-ep-terza-uscita-per-dwrec), i Lumen sono un trio torinese che, districandosi tra drum machines, chitarre soffuse e voci lontane, dà vita ad un’elettronica carica e nostalgica, venata di dreampop e chillwave.

Recensioni

“Electropop da Torino, all’attivo un altro Ep rilasciato autonomamente, prima di questa produzione targata DW Records, netlabel nata dall’omonima webzine. La cosa che più colpisce di questo Ep durante l’ascolto, è che mentre si cercano possibili riferimenti “elettronici”, ci si ritrovi a pensare al cantautorato e a certe sperimentazione italiane di inizio anni Ottanta. Ora non siamo impazziti (o forse lo siamo, ma non ci piace ammetterlo), da paragonare i Lumen a Battiato, ma ci piace pensare che dietro a questi tre ragazzi torinesi, ci sia più di una semplice rilettura della new-wave. A volte eterei, a volte pulsanti e incisivi i Lumen hanno le carte per costruire qualcosa di importante in futuro. L’Ep è in free download, approfittatene.” Indie-Roccia

“Si fa presto a dire elettropop. I torinesi Lumen escono dal solco dei Postal Service in pochi istanti, prima ancora di esserci entrati a dire il vero, abbattendo così il mio pregiudizio che senza motivo apparente li avrebbe visti bene da quelle parti. Pertanto l’irriguardoso paragone che ho scelto di spendere per Correnti, il loro secondo disco pubblicato a Gennaio da DeerWaves Records, è quello con il Battiato migliore e con certe atmosfere darkwave alla “Black Celebration”, che seppure non sia esatto è di certo meno inopportuno, considerata la vena cantautorale e le tematiche non esattamente da feste del sabato sera.

Quattro volte su cinque infatti i testi dei Lumen offrono spunti ai limiti dell’esistenzialismo, conditi sempre dalle suggestioni elettroniche dei sintetizzatori, che ispirano malinconia anche quando le melodie paiono strizzare l’occhio al dancefloor. Succede già nel primo riuscitissimo pezzo, Una Estate Inclemente”, in cui si parla/balla di un evento triste e contro natura come l’estate passata in città, mentre Shetland” affronta la bella utopia di un luogo segreto e lontano nel quale andare a rifugiarsi (con tanto di verso a Mimì Clementi). Si prosegue con turbamenti vari e ritmi incalzanti in Eliodora” e la paura di morire de Le Onde”, il cui tappeto sonoro è qualcosa di meraviglioso. “Correnti” arriva così alla conclusiva Theta W”, scivolando via, a dire il vero, non sempre in maniera liscia: qualcosa qua e là non funziona ancora e le combinazioni di atmosfere fosche e immagini evocative, perfette sulla carta, faticano a volte a coinvolgere.

Di certo, insomma, i Lumen confermano in questo disco di meritare tutta la vostra attenzione – dimostrando le loro potenzialità in almeno un paio di brani di altissimo livello – ma sono disposto a scommettere che “Correnti” non si tratti ancora del meglio che la creatività del trio torinese possa offrirci.” Shiver

DELLERA e D'ERASMO

 

Roberto Dell'Era, in arte DELLERA

Roberto Dell’Era, in arte DELLERA

Roberto Dell’Era, autore cantante e polistrumentista, è un grande amico che segue il festival dalla sua nascita e siamo quindi particolarmente contenti di annunciare la sua partecipazione a questa edizione di A Night Like This Festival, dove si esibirà accompagnato da Rodrigo D’Erasmo.

Inglese d’adozione, Dell’Era respira per oltre 10 anni la scena musicale inglese ed internazionale ; tornato in Italia nel 2006 viene chiamato a far parte come bassista degli Afterhours con i quali realizza tre tour americani e ha già contribuito alla composizione dei due dischi “I Milanesi ammazzano il Sabato” ( con il quale vince al Festival di Sanremo il premio della critica ) e “Padania”.

Divenuto presto una presenza costante della vita notturna milanese, si muove all’interno della scena musicale italiana instaurando collaborazioni con artisti tra i quali  Dente, Il Genio e Calibro 35, e nell’ottobre del 2011 pubblica l’album solista “Colonna Sonora Originale” ricevendo un successo di critica al di la di ogni aspettativa. “Il motivo di Sima”, primo singolo dell’album entra in programmazione sulle principali radio italiane posizionandosi per oltre tre mesi nella Top Ten della Indie Musik Like salendo fino al 3° posto.

Nel mese di settembre 2012 “Colonna Sonora Originale “ viene votato dalla giuria del Premio Tenco come finalista per la migliore opera prima dell’anno.

Recensioni

“È bastato togliere un apostrofo al cognome per dare a Roberto Dell’Era un originale nome d’arte. Il bassista degli Afterhours arriva così, dopo un’esperienza ultradecennale consumata tra l’Italia e l’Inghilterra a dare alle stampe il suo primo disco solista, dal titolo “Colonna Sonora Originale”.

Prodotto dallo stesso Dellera con l’ormai immancabile aiuto di Tommaso Colliva dei Calibro 35, il disco raccoglie undici canzoni semplici, impregnate di pop e rock e di un suono decisamente anni 60, frizzante, ben arrangiato e mai invasivo. Il fantasma di Agnelli e dei suoi Afterhours c’è, è inutile negarlo. Magari meno di quanto ci si poteva aspettare, ma c’è, soprattutto nei testi, forse persino troppo “ridotti”, che osano poco e poco sfruttano le potenzialità del dizionario.

Diversi sono comunque i momenti riusciti a pieno: dal primo, travolgente singolo “Il Motivo di Sima” alla ballata ninna nanna di “Ami lei o ami me”, canzonetta in stile sixties attualizzata e consapevole. Godibili anche l’andazzo spezzato di “Per niente al mondo” e il cantautorato psichedelico di “Oceano Pacifico Blue”, tra echi dei Radiohead e degli ultimi Verdena, mentre penso che in fondo il disco suona davvero bene. A peccare sono i testi, ma questo l’ho già detto.

Il disco si spezza in due con “Fine Bobina (La Memoria)”, tre minuti di strumentale che valgono davvero un viaggio nella memoria. Il vento d’oltremanica torna ne “Il Tema di Tim e Tom”, e va oltre il cantato in inglese. È l’aria che si respira che è malinconica, uggiosa, autunnale. Ascoltatevi la coppia “Le parole”“Io e Te” sul finale e capirete di cosa sto parlando.

Chiude la Beatlesiana “Giorno dopo giorno”, con il sapore agrodolce che scende fino giù in gola. E tutto finisce così. Vi siete persi le date italiane di Paul McCartney? Andate a sentire Dellera. Vi costerà anche meno.

Un progetto cinematografico, nato come ideale colonna sonora per un film immaginario. Io il film non l’ho visto. Però ho ascoltato un buon disco, non eccellente ma di buon auspicio per il futuro.” Osservatori Esterni

 

“È passato qualche mese dalla pubblicazione dell’esordio ufficiale solista di Roberto Dell’Era: oggi possiamo parlarne a mente fredda, lavandoci di dosso qualsiasi tipo di influenza derivante dalla sua militanza negli Afterhours, nei quali entrò prima dell’inizio dei lavori che condussero alla realizzazione de “I milanesi ammazzano il sabato“.
Tutti sanno quanto Manuel Agnelli sia grande accentratore, eppure Roberto cantò due pezzi in quel disco (“Tutti gli uomini del presidente” e “Due di noi”, che uscì nella reissue dell’album), portando in dote quella componente vagamente glam (evidente soprattutto nei live act) che al gruppo un po’ mancava. Dell’Era ha stoffa da vendere, e in “Colonna sonora originale” dimostra di saper cantare molto bene (sia in italiano che in inglese), di essere un buonissimo chitarrista, ma soprattutto di poter scrivere gran belle canzoni.

In questi solchi non cerca mai il colpo ad effetto o la trovata iperbolica, come magari potrebbe accadere in un disco degli Afterhours: qui lavora in maniera artigianale, talvolta operando per sottrazione e lasciando soltanto l’indispensabile, altre volte per accumulo progressivo, disegnando scenari di grande intensità emotiva.

(…)

Chi ha avuto occasione di apprezzare la band (Dellera, senza apostrofo) live in questi mesi avrà potuto constatare di persona la bontà della proposta e la capacità di Roberto nel tenere la scena: un performer consumato, a tratti crooner, a tratti rockstar vera, con ricercate riproposizioni di pezzi altrui (Manic Street Preachers, Sparklehorse) che evidenziano un amore sconfinato anche per i suoni degli anni 90.
Citazione a parte per il libretto interno, molto curato e denso di note scritte personalmente da Dell’Era, attraverso le quali racconta la genesi di alcune canzoni, le ispirazioni e la propria estetica musicale.

“Colonna sonora originale” è un album che non invecchierà col passare degli anni, perché non intende inseguire le mode, bensì plasmare nel nuovo millennio i suoni che ci hanno condotti fin qua: il blues, il folk, la psichedelia, il rock, le giuste dosi di groove, la miglior scuola cantautorale tanto italiana quanto di lingua anglosassone.” Ondarock

THE ASSYRIANS

The Assyrians

The Assyrians

Ciao, qui Alfa S. Non ho nulla a che fare con gli Assyrians, non li ho mai visti, non li ho mai ascoltati. So chi sono perché i loro qua qua interferiscono con le onde medie di cui mi nutro. Assumo tutto, non mi interessa dividere il digeribile dall’indigesto. Il disinteresse per la selezione mi ha avvicinato a loro, quindi a voi per estensione. Ho provato a stabilire un contatto con loro, riporto la loro risposta: “Ciao Alfa S., grazie per averci scritto, non capiamo davvero come tu possa essere arrivato a noi. Comunque siamo di Milano e suoniamo insieme da un paio d’anni. A novembre 2012 è uscito il nostro ep su Bored Youth Records ed entro la fine dell’anno dovrebbe uscire il nostro disco, che abbiamo appena finito di registrare. Tieniti aggiornato! Ciao, A.”

– Facebook https://www.facebook.com/TheAssyrians

– Bandcamp http://boredyouthrecords.bandcamp.com/album/the-assyrians-s-t-byr04

Recensioni

“Le vacanze natalizie possono essere una buona occasione per un po’ di repulisti nell’impolveratissimo scaffale delle cassette, dove tra i peccatucci di gioventù (per qualcuno gli 883, per altri i Guns, per me ad esempio l’hip hop anni Novanta) c’è ancora un sacco di roba bella che qualcuno mi copiò ai tempi e che non mi sono mai passato in cd. Mi trovo, a sorpresa, a dover fare posto per un nuovo nastro: si tratta degli Assyrians, giovane formazione milanese che ha sfornato un esordio, è il caso di dirlo, magnetico.

Quattro pezzi di purissimo pop psichedelico, con i Turtles e Brian Wilson nel cuore: intarsi sonori di mellotron e chitarre acustiche, tamburelli e fiati, Primule Scarlatte e Scimmie Felici che scorrazzano tra le note ridendo e canticchiando in coro, con lo Smile sulle labbra. La loro allegria è contagiosa e non mi resta che seguirli sulla quella scia di bobina che lasciano dietro di sè, dimenticandomi la polvere e gli OTR e cavalcando con gli elfici Assyrians tra questi prati viola, dai fiori girevoli e abbaglianti, in mezzo ad alberi impellicciati e ruscelli verde pisello. Quindici minuti di abbandono a un mondo color marshmallows, che si apre con gli intrecci vocali alla Mamas & Papas di “Farewell, scarlet pimpernel” e ha il suo culmine in “Moon, happy monkeys e hop maniac apes”, riff sghembo e folgorante su un tappeto di ukulele e acustica, con una melodia da perdersi dentro e la citazione, appena accennata, di “Pet Sounds” come a dire: “no, non hai sbagliato strada”.

Quando si spegne l’ultima nota di tromba di “htrowyaH atiR” mi ritrovo ancora davanti allo scaffale delle cassette, imbambolato dal gioiellino capitatomi tra le mani proprio alla fine di questo 2012. E mi sento stranamente anche più bendisposto verso i peccatucci di gioventù: vorrà dire che è oggi il giorno fortunato di molte di queste cassette che, almeno per il momento, scampano in zona Cesarini all’archiviamento definitivo (leggi: raccolta differenziata). Esa e compagni: ringraziate gli Assyrians.” Rockit

THE RUST AND THE FURY

The Rust And The Fury

The Rust And The Fury nascono ufficialmente nel 2011 a Perugia, quando dopo vari cambi di lineup si viene a completare l’attuale formazione che vede Daniele Rotella alla voce e chitarra, Marco Zitoli al basso e voce, Francesca Lisetto alla voce-tastiere, Francesco Federici alla chitarra e voce e Andrea Spigarelli alla batteria.
Entrano subito a far parte delle selezioni live di Italia Wave 2012 vincendo la fase regionale in Umbria. Vittoria che li porta ad esibirsi sullo Psycho Stage di Arezzo il 15 luglio, nell’anno in cui il festival torna a casa.

Poco tempo dopo la partecipazione all’Arezzo Wave Love Festival 2012 esce in esclusiva su Rockit.it l’anteprima dell’album d’esordio della band, il quale riscuote molto successo tra gli ascoltatori tanto da guadagnarsi il titolo di “disco della settimana” nei primi giorni di Settembre 2012.

Il 24 Settembre 2012 esce ufficialmente “May The Sun Hit Your Eyes”, il loro primo album per La Fame Dischi in collaborazione con Cura Domestica, neo-nata etichetta umbra legata allo studio di registrazione Cura Domestica situato all’interno dell’Ostello Mario Spagnoli di Perugia.

– Website http://www.therustandthefury.tk/

– Facebook https://www.facebook.com/TheRustAndTheFury

Reviews

“Eccoli i The Rust And The Fury, formazione umbra con alle spalle quasi dieci anni di attività ma con un esordio, appunto May The Sun Hit Your Eyes, uscito solo a settembre scorso per La Fame Dischi/Cura Domestica. Un percorso inconsueto quello dei cinque ragazzi di Perugia, caratterizzato da diversi cambi di formazione e dalla volontà di staccarsi dal repertorio originario, virando decisamente verso i territori più schietti del rock.

Siamo infatti dalle parti di un disco che si rifà tanto al blues elettrico di Neil Young (e al suo nutrito esercito di eredi/epigoni) quanto al revivalismo garage-wave di inizio secolo. Gli otto brani della tracklist si reggono su una volontà cantautorale consapevolmente tenuta sottopelle e immersa nell’adrenalinica tensione delle chitarre: quello che succede nell’iniziale Roundabouts, buona melodia ben amalgamata all’incedere noir del pezzo, o nella successiva Francis With God, con il suo refrain catchy (Arcade Fire?) intrecciato alle voci di Daniele Rotella e Francesca Lisetto. Voce femminile protagonista anche in Laughing For Nothing, con il suo synth-wave in aria psych in cui il controcanto fra le due chitarre tesse il crescendo finale del pezzo. C’è anche spazio per accenti maggiormente southern come in Keep On e She Was Too Late, con un intimismo (espressamente debitore al sopracitato Young) che rimanda al classic rock dei Band Of Horses.

May The Sun Hit Your Eyes è un album che vive di stratificazioni sonore, variazioni dark e riverberi accuratamente elettrificati che si rivelano ascolto dopo ascolto. Un esordio nel complesso piuttosto maturo che, pur non presentando niente che non sia stato già visto e sentito, risulta comunque godibile.” Sentireascoltare

“Sgombriamo subito il campo dai dubbi: se non amate il rock’n’roll più stradaiolo, per intenderci quello con un approccio alla Neil Young (artista a cui dichiarano di ispirarsi manifestamente) del periodo ’80 e ‘90, lasciate perdere e passate pure oltre.

The Rust and The Fury – la cui ragione sociale già di per sè racconta tutto un immaginario a cui i Nostri si abbeverano – sono un fottutissimo gruppo devoto al r’n’r; ma stavolta non è solo una questione di sound, perché si percepisce subito che la differenza sostanziale è nel talento. Un talento che, certamente, fa tornare in mente gli Arcade Fire (forse la band sui generis che più abbiamo oggi nelle orecchie), ma questo quintetto dimostra come sia possibile trasformare certi ascolti in un ottimo songwriting personale. Certo, una mano amica in studio di registrazione li avrebbe aiutati molto, sia per togliere alle chitarre quella patina casereccia per farle brillare come ci si aspetterebbe ma anche per regolare al meglio qualche incastro ritmico. Però, a pensarci bene, si tratta di due aspetti che è giusto catalogare oggi fra le cose da migliorare in futuro, trovandoci di fronte ad un esordio il cui giudizio complessivo è vicino al “superlativo”.

In queste 8 tracce c’è qualcosa che funziona benissimo, come ad esempio i pezzi in crescendo: “These days” è pura nostalgia anni ’90, mentre “Francis with god” ha quell’handclapping iniziale a fare da battistrada per una canzone che tanto ricorda un incrocio tra Gin Blossoms e Uncle Tupelo (il primo impiego importante di Jeff Tweedy, per intenderci), con la sostanziale differenza di un’affascinante voce femminile ai cori che ritornerà protagonista più avanti. E a proposito di incroci, l’iniziale “Roundabout” rappresenta l’ipotetico anello mancante tra gli A Toys Orchestra e la band canadese evocata qualche riga più sopra… mica noccioline!

Però, la cosa migliore in assoluto si intitola”Laughing for nothing”, il classico pezzo per il quale non ci meraviglieremmo se qualche (web)radio station tematica decidesse di trasmetterlo fino alla noia, grazie all’eccellente prova vocale di Francesca Lisetto, la cui interpretazione ricorda Susanna Hoffs (The Bangles), tanto per fornirvi altre coordinate.

Insomma, ce n’è di ciccia per goderne appieno e sperare in un radioso futuro per questi cinque perugini. A tratti manca solo un pizzico di esperienza e qualche buon suggerimento per evitare alcune sbavature; nonostante ciò, “May The Sun Hit Your Eyes” rimane un album che merita la segnalazione di “Disco della settimana”. In attesa di sbalordirci dal vivo.” Rockit