EDIPO e’ un’artista in continua evoluzione ma con un obiettivo costante: fare musica Pop. E’ come affascinato dall’apparente semplicità di creare il ritornello perfetto, arte che è forse la piu’ difficile dell’ambito musicale. Per fare cio’ alla base delle sue canzoni c’è sempre un minuzioso lavoro di ricerca nella stesura dei testi. Pungente e dotato di un non comune dono della sintesi riesce a fotografare la sua vita e la societa’ in poche ma efficaci battute.
Dopo aver conquistato il consenso univoco della critica con il suo primo lavoro solista Hanno ragione i topi , il musicista gardesano si e’ messo subito al lavoro per il suo secondo disco, Bacio Battaglia, in uscita sempre per Foolica Records all’inizio del 2012.
Anche nel nuovo album Edipo, al secolo Fausto Zanardelli, produttore musicale di lavoro, Bastian Contario per attitudine, gioca con i sintetizzatori e gli strumenti piu’ classici per cercare un’amalgama di suoni su cui srotolare le sue canzoni.
Nonostante la particolarita’ dei punti di riferimento, nelle canzoni di Edipo si ritrova un gusto tutto italiano, classico dei cantautori dei fine settanta, unito e contrastato da quella schiettezza e quell’uso della metrica di chi ha fatto propri i dettami della musica hip hop e li riutilizza decontestualizzandoli, facendo un abile uso di una voce dai toni singolari.
Un poeta contemporaneo che ha molto caro il tema della solitudine. Divertente e sempre molto intelligente nei testi, colpisce subito ma se si scava nel profondo, le sorprese sono sempre di piu’.
“Bravo a scrivere, ma soprattutto bravo a interpretare con una certa lungimiranza un indiemondo nostrano con le sue regole e i suoi dazi da pagare. Idroscalo rappresenta, in questo senso, il sunto ideale: quale miglior occasione per imporsi sulla “scena” di un brano che motteggia senza pietà la “scena” stessa? Con un MIAMI (festival organizzato dal portale rockit.it) che diventa la scusa per svelare altarini e degenerazioni modaiole di un universo a sé stante a suon di “Non andrò al Miami perché ho già saputo / che ci va un’altra band simile alla mia / ma loro sono più magri” o “Non andrò al Miami anche se questo inverno / in un locale che è gestito da un mio amico / una volta ho aperto Dente”.” Sentireascoltare
“Se fossimo in un Paese intelligente ed autoironico il fenomeno di massa degli anni ’10 non sarebbero I Cani ma Fausto Zanardelli, in arte Edipo; con Bacio Battaglia infatti conferma tutte le ottime premesse dell’esordio Hanno ragione i topi (datato 2010) ed anzi costruisce un album che non le manda a dire, un disco che riesce sia a far canticchiare sia a far riflettere. Il tutto condito con abbondanti dosi di cinismo (che non guasta mai).” Shiver Webzine
(it) Unendo i principi del rock sperimentale, della dubstep e dell’elettronica in generale, gli Aucan hanno creato uno stile, un’energia ed un’esperienza live unici. Dal 2009 attraversano l’Europa dove hanno suonato più di 300 show, aprendo per Placebo, Tricky, Matmos, Antipop Consortium, Andrew Hung (Fuck Buttons), Steve Aoki, Dinosaur Jr, Crookers, PVT (warp), Sole and The Skyrider band, Ramadanman, Black Heart Procession, Lars Hornveth, DJ Food, Architecture in Helsinki e altri. In Italia si affermano come fenomeno underground pubblicando “Black Rainbow” su Tempesta. l’Inghilterra di Massive Attack, Portishead e delle nuove produzioni dubstep (Starkey,Italtek) come territorio di riferimento. In Heartless troviamo la matrice AUCAN nella sua forma più unica: mood malinconico, batteria micidiale, synth eterei e voce processata a disegnare le melodie. Nei pezzi più aggressivi il cantato farà uso anche di stili derivati dal rap e dall’hardcore (SPL che ricorda i Beastie boys, Away!), sommandosi all’energia dei bassi per un risultato da esplosione dell’impianto. (…) In chiusura la monolitica title track Black Rainbow riassume con poche parole il concept del disco: “In sky where no star is shining / There’s a light where nobody stands”: un arcobaleno oscuro, quello della copertina, che è la luce sprigionata dalla morsa delle tenebre.
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(en) Starting out as a young math rock trio, Aucan quickly built themselves from the ground up. They fused their philosophical and music conservatory backgrounds with elements of electronic and experimental rock, forming a sound both technical and visceral. But it was with the material from their 2010 DNA EP and subsequent Black Rainbow album, that both the media and global music community began to take note. Their music began incorporating elements of dubstep and downtempo, yet didn’t fall into clearly defined categories. With their amalgam of electronic basses, live drums and sweeping harmonized synth lines, they throttled audiences of thousands, opening for Placebo, Tricky, Steve Aoki, Matmos and Antipop Consortium among others in the 300 plus concerts they have performed since 2009. Recently Aucan has collaborated with a wide array artists for their new release Black Rainbow Remixes including MC Dälek, Scorn, Shigeto, Robot Koch, Spex MC and Niveau Zero. They have also started their own label, #Aucanize, to handle the digital distribution of this record as well as material from like-minded artists. – Website: http://aucanize.com/ – Facebook: http://www.facebook.com/AUCANOFFICIAL
Reviews
“È una vera e propria enciclopedia delle elettroniche degli ultimi 20 anni, il sophomore del trio bresciano formato da Dario Dassenno (batteria), Francesco D’Abbraccio (chitarra, synth, effetti) e Giovanni Ferliga (synth, voce, chitarra e sampler). Black Rainbow non somma soltanto ciò che è rintracciabile nelle influenze musicali del progetto, ma rielabora, fonde e confonde suggestioni, atmosfere e slanci in un magma personale. Portishead, witch-house, Autechre, nu-rave, hauntology, Warp, industrial, Planet Mu, dubstep si sfiorano, si toccano e copulano in un percorso che risulta alla fine riconoscibilmente personale. Proprio come nell’immagine di copertina: una esplosione di colori diversi che si fa paradigma del prisma sonoro tendente al nero racchiuso in Black Rainbow (…) un disco oscuro e screziato, potente e denso, perfettamente equilibrato (…) in grado di rivoltare l’elettro(ck) di questi anni dal di dentro e lanciare una sonda verso il domani.” Sentireascoltare ”
Ci si perde nel descrivere il suono degli Aucan. C’è una strana coesistenza tra parti aggressive e altre più morbide. Ad esempio i synth: sono rotondi, con quel tocco elegante alla Rudi Zygadlo, nel frattempo la batteria (il batterista Dario Dassenno è un metronomo) avanza decisa senza lasciarsi scappare un colpo. Non è il grime che si ripulisce per accompagnarsi all’R’n’B (ad esempio: Tinie Tempah con Kelly Rowland, Katy B o James Blake, ed è un peccato che tra le tante di “Black Rainbow” non ci sia anche quest’anima) ma non è nemmeno il dubstep grasso-che-cola invecchiato troppo in fretta. E’ un cortocircuito diverso: la musica implode violenta in un contenitore a tenuta stagna. Caos controllato, insomma. Agli Aucan piaccciono gli anni duemila, Aphex Twin (“Embarque”, “Red Minoga”), il math rock, il post rock e le canzoni con i grandi cori. Il tutto mescolato. Con il giallo, il rosso e il blu si ottiene il nero? Gli Aucan fissano i colori prima che si annullino tra di loro, sono bravi a cogliere i contrasti cromatici. Mi pare che la copertina sia esplicativa. Altri esempi: “Blurred”, con la voce di Angela Kinczly, parte con suggestioni alla Portishead ma a scavare tra i campioni si trovano distorsioni che tremano come le pozzanghere quando passano i tram, rumori lignei e loop liquidi. “Red Minoga (short edit)” è un altro pezzone: otto battute di dub e poi dritta, tanti blip, piccole partiture IDM, una grande apertura di piano, voci, chitarre, crescendi in reverse, pause improvvise e di nuovo melodie. E anche quando toccano punti davvero cattivi e ignoranti che manco Chase & Status (“Away!”), noti che il sole sta proiettando un’ombra diversa rispetto ai contorni su cui hai meditato per tutti e cinque i minuti, e lì scopri il risvolto psichedelico della canzone. “Black Rainbow” termina con un coro malinconico e distorsioni libere, forse hanno un lato emotivo ancora da affrontare, magari ci penseranno nel prossimo disco. Impressiona come solo dieci mesi fa queste sonorità fossero appena accennate in un piccolo Ep, ora siamo davanti ad un monolite. Alcuni spunti possono essere considerati datati, in più la musica degli Aucan muove la testa ma difficilmente ti porta a ballare, e forse i tre vivono in sala prove senza sapere cosa accade fuori; ma se tra cinque anni rileggerete questa recensione probabilmente ci aggiungerete un per fortuna. Sono un gruppo formidabile, qualsiasi evoluzione arriverà in futuro non farà altro che aggiungere tasselli ad un suono soltanto loro e di nessun altro. Affascinanti su disco, micidiali dal vivo. L’Italia ha trovato i suoi nuovi Zu.” ROCKIT
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