Pocket Chestnut

Pocket Chestnut
CHI SONO?
Un pezzo di old wild west made in Italy.

COSA SUONANO?
Un country-folk proiettato verso la storia americana, che sa di luminosi tramonti e lunghe cavalcate verso l’infinito.

PERCHÉ VENIRE AD ASCOLTARLI?
Viaggiare oltreoceano costa; viaggiare nel tempo è ancora impossibile. Perché perdersi questa occasione per assaporare un po’ di Far West?

#anltascolta

VUOI SAPERNE DI PIÙ?
Climi western influenzati dai Bright Eyes e dagli Sparklehorse, il quartetto dei Pocket Chestnut trasporta la tradizione country e folk americana direttamente in Lombardia, tra chitarre slide ed atmosfere alla Clint Eastwood.
Con il disco d’esordio Bedroom rock’n’roll cominciano il cammino di esportazione del loro curioso alt-folk, passando dalla Sicilia dell’Ypsigrock 2010 fino alla Svizzera, in tour con la Lonesome Southern Comfort Company.
Nel 2014 pubblicano Big Sky, Empty Road, secondo album definito dagli stessi Pocket Chestnut “la colonna sonora ideale per mettersi al volante sospesi tra un grande cielo e una strada provinciale deserta”.

DUST

 

Dust

Dust

DUST sono una formazione milanese composta da sei elementi: Andrea, Riccardo, Jimbo, Tomas, Gabriele e Muddy. Rock americano, blues, folk ma anche oscure sfumature new-wave.

Registrato nel 2009 il primo demo autoprodotto intitolato “Tuesday Evenings”, i sei suonano alla Casa 139 di Milano, aprono tra i tanti i The Niro al Fabrik Free Festival, gli italo-olandesi The Filmakers e i The Black Atlantic al Tambourine di Seregno e partecipano alla serata“Milano Brucia” del Magnolia.
A fine 2011 si chiudono al MONO STUDIO di Milano con Matteo Cantaluppi (Eugenio Finardi, Alberto Fortis, Francesco Renga, Edipo, Nesli, The Record’s, Punkreas, Canadians, ecc…) per registrare il loro primo vero prodotto discografico, “Kind”, che presentano in anteprima di fronte a centinaia di persone prima al Carroponte di Sesto San Giovanni e poi ufficialmente all’ Agorà di Cusano Milanino. Con l’EP la band raggiunge, a detta di molti addetti ai lavori, la maturità e rinforza il suo seguito sul territorio. A inizio 2013 la band si chiude nuovamente in studio assieme agli amici The Churchill Outfit dar vita ad un nuovo EP di 5 pezzi, “Two Nights Sixty Miles”,  scritto e arrangiato da tutti gli elementi delle due band e presentato in due serate uniche e straordinarie (27 aprile 2013 alla Latteria Molloy di Brescia ed il 3 maggio 2013 all’Agorà di Cusano Milanino) che hanno visto suonare su un unico palco gli 11 musicisti delle due formazioni in contemporanea.

Facebook – https://www.facebook.com/dustmilano

Reviews

INGREDIENTI: l’intensa voce di Andrea D’Addato. La barba di Matt Berninger, gli occhiali di Michael Stipe, il cappello di Ben Bridwell e lo stesso numero di componenti dei Wilco: tutti nomi non buttati lì casualmente. Può sembrare esagerato o caricare di eccessive aspettative l’ascoltatore, ma secondo me non bisogna temere il confronto quando si hanno basi solide; ci troverete dentro tanti altri riferimenti, molto probabilmente ad ogni ascolto noterete un particolare che vi era sfuggito, un riferimento che vi eravate persi.

DENSITA’ DI QUALITA’: la prossima volta che un vostro amico vi dirà che in Italia non ci sono rock band valide, fategli ascoltare i Dust. Si perché di solito una delle grandi falsità che ciclicamente salta fuori è proprio questa cosa qui; ma basterebbe il tiro dell’ iniziale ‘O My Mind‘ per mettere a tacere tutti, un pezzo che ci riporta dritti ai National in una versione più ripulita. Ecco forse questa eccessiva pulizia in certi passaggi è la pecca più grande di questo EP: nella successiva ‘Ink Loaded Love‘ sembra quasi che certe scelte sia stato effettuate a tavolino per rendere il pezzo ancor più luccicante. Tutto il contrario della ballatona blues ‘Collapse Of Art‘, che rallenta il ritmo in maniera decisa e ci permette una totale immersione in quelle atmosfere da bar dove la voce si impasta a causa del fumo denso e del whisky non sempre di prim’ordine. ‘Never Defined‘ suggerisce echi di chitarre R.E.M., con la voce di D’Addato che gioca a cavallo fra un Tom Smith ed un Vedder d’annata, vero unico filo conduttore di questo lavoro. Nonostante le notevoli potenzialità del gruppo siano ancora non del tutto espresse, sono certo che uno dei punti fermi nel futuro sarà la qualità vocale di questo ragazzo. Chiude un’altra ballata, ‘Still Hiding Still Trying’, placidamente intensa, a mettere il sigillo su un ascolto fin troppo breve.” Indie-Roccia

“I Churchill Outfit sono una vecchia conoscenza di Rockol. Giusto pochi mesi fa, infatti, i cinque bresciani riempivano le pagine di The Observer, la rubrica di Rockol dedicata agli emergenti, in occasione dell’uscita del loro primo, omonimo album (di cui potete trovare la recensione qui); più recentemente si sono guadagnati la nostra home page grazie all’esclusiva video del loro ultimo singolo, “Calypso”.

Dei Dust abbiamo invece parlato ai tempi della compilation di The Observer, impreziosita dalla loro splendida cover di “Apple tree” di Claudia Is On The Sofa posta in apertura del “Volume Due”. Una coppia di talenti in rapida ascesa – su cui abbiamo scommesso in tempi non sospetti – che oggi hanno ben pensato di unire le forze per un progetto inedito, battezzato “Two nights, sixty miles”.

Inizialmente pensato come uno split nella più classica delle formule (due pezzi a band), il progetto si è evoluto quasi immediatamente anche grazie all’intesa nata in studio tra gli undici membri dei due gruppi. Da qui ha preso forma un disegno molto più complesso e ambizioso, un Ep composto da due pezzi inediti delle singole band (“Parking Lots” per i Dust, “Took My Moon” per i tCO), più altri tre brani (“Trees”, “Dixie” e “The Shortcut”) scritti e arrangiati completamente insieme. (…)
Due città divise da una “sessantina di miglia”, da cui il titolo del disco: un lavoro che sarà disponibile a partire dal primo di aprile in download gratuito e streaming sui siti e sulle pagine social di entrambe le band.”  The Observer – Rockol

 

KINOLA

Kinola

Kinola

Giramondo per natura, i Kinola nascono in una vecchia sala prove sopra un magazzino di Brooklyn: qualche concerto e poi tutti via, ognuno per la propria strada. Con nuova formazione approdano all’A Night Like This Festival 2013, proponendo una manciata di canzoni semplici e dolci, tra indie, country e rock, nate tra le mille luci della città e gli spazi aperti dell’Indiana e della Brianza. Sodali dei Pocket Chestnut (già visti l’hanno scorso su questi palchi) coi quali condividono  la sezione ritmica, i Kinola sbarcano a Chiaverano per dare un assaggio del country-folk di ieri e del indie-rock di oggi.

Facebook – www.facebook.com/kinolaband

 

 

Il Palco del Quieto Vivere

I Croco sul Palco del Quieto Vivere

I Croco sul Palco del Quieto Vivere

Nel giardino verdissimo appena oltre l’ingresso al festival e di fianco alla struttura della pluriuso vi attende il gazebo del Palco del Quieto Vivere.

I concerti acustici tutto il pomeriggio, la fontanella, il fresco e la posizione riparata dalla pressione sonora dei due palchi più “rumorosi”  ne fanno la posizione ideale per un momento di relax.

 

 

PAGLIACCIO

Pagliaccio

Pagliaccio

Pagliaccio nasce agli inizi degli anni dieci e scrive e suona canzoni in italiano.
NON è un cantautore italiano, pur essendo italiano, NON è una indie rock band perché suona parecchio pop e NON è nemmeno una pop band perché ha un approccio abbastanza indie.
Lo stile ed il suono di Pagliaccio vogliono rifiutare apertamente il dogma del lo-fi applicato a tutti i costi ai progetti di stampo cantautorale emergenti, e quindi se suona male non è voluto!
La composizione dei brani fonde una attitudine pop nella scrittura e nell’arrangiamento a un approccio rock nell’esecuzione. I testi sono parte di primo piano delle canzoni e utilizzano l’ironia come linguaggio espressivo. Quasi mai le cose sono come sembrano .
Durante il primo anno di vita la band si è dedicata alla scrittura dei brani ed alla attività live, prevalentemente nell’ambito piemontese, arrivando anche a  vincere due concorsi (in Provincia di Vercelli e Torino) e aprendo il concerto di Niccolò Fabi nel settembre 2011 al Reload Sound Festival.
In occasione dell’incisione di un ep nel luglio del 2011, Pagliaccio  incontra MeatBeat Studio di Aosta  e dalla collaborazione con il produttore Raffaele “Nedagroove” D’Anello (già alle tastiere synth e programmazione con  Naif Herin) nasce l’accordo per la produzione di un album. “EroIronico” è uscito il 6 Luglio 2012 ed attualmente è in vendita ai live della band ed in distribuzione sui principali stores digitali (Itunes, Amazon, ecc…). L’album è stato anticipato dall’uscita del video “Federico S.” a cura di Cheins De Velours e girato interamente con videocamere GoPro e in visione su Youtube e i principali Social Networks..
Hanno aperto concerti di Niccolò Fabi, Amor Fou, Ex Otago, Adriano Modica  e Alessnadro Fiori e Pan del Diavolo e abbiamo avuto una partecipazione con showcase acustico a Deejay TV e sono stati Album del Giorno su Rockit il 27 Dicembre.

– Facebook https://www.facebook.com/pagliaccioofficial

– Sito Internet http://www.pagliaccio.org

Reviews

“I Pagliaccio sono piemontesi, ma sono gli ultimi dei romani, nel senso che sono gli ultimi figli di quella scuola cantautorale anni ’90. Un gruppo di musicisti, normalmente individuati nella triade Silvestri-Gazzé-Fabi, che decise – più o meno consapevolmente – di dare una svolta all’ormai trentennale tradizione della canzone d’autore, iniettandole robuste dosi di pop e una levità che fino a quel momento si era avvertita solo a tratti. Il risultato furono canzoni non pesanti ma mai vuote di significato, in una parola: leggerezza.

Quella stessa leggerezza che si trova in “Eroironico”, un album che scorre veloce lungo le sue undici tracce senza un momento di noia. Si tratta di pop al 100%, la cui carta d’intenti viene stesa nel primo pezzo: “vedo il mondo come pare a me senza costume / senza cantautori e con più affetto”. I Pagliaccio rigettano con forza l’idea del cantautore lo-fi tormentato alla Vasco Brondi, scegliendo una strada che li porta ad affrontare temi come la raccolta differenziata o le vacanze estive da un punto di vista sempre laterale, mai scontato. (…)” Rockit

“Un pagliaccio veste la maschera dell’intrattenimento e del divertimento, spesso altrui, rimane aggrappato ad un’identità apparente, nascondendo in molti casi la propria.
Levato quel poco di trucco ed approccio ludico, si potrebbe però celare ognuno di noi, con le sue certezze, insicurezze ed aspirazioni. E’ questo uno dei presupposti base sui quali si fonda l’esperienza artistica dei Pagliaccio, brillante terzetto biellese, all’esordio discografico con questo EroIronico. Come è evidente dal titolo, in primis si tratta di album ironico ed autoironico, ma anche critico ed autocritico, che tratta tematiche a volte anche complesse, mantenendo sempre un gradevole livello di leggerezza e senza perdere lucidità.
Melodie semplici, che mostrano senza paura la propria anima pop ed orecchiabile, con un livello di narrazione molto vicino alla tradizione cantautorale nostrana, ed una piacevole alternanza di influenze e registri, dall’indie rock, al funky, dallo ska al rock’n’roll, con tanto di occhiale e papillon d’ordinanza
(..) I Pagliaccio non si nascondono di certo dietro ad una maschera, ma anzi vogliono evidenziare in maniera chiara la propria anima musicale, scegliendo la strada dell’ironia e semplicità, che risulta vincente, per una serie di brani melodici ed immediati, dal livello generalmente piuttosto buono.” Indie-Zone

 

Lavinia!

Lavinia!

 

 

Indie Folk Cantautorale

Nata l’11/11/1991, data palindroma che ha sempre amato, Lavinia cresce a Udine, iniziando a studiare il pianoforte a sette anni e, pochi anni dopo, a mettere in fila i primi accordi sulla chitarra di suo padre. Durante il liceo inizia a capire quanto la musica sia fondamentale per la sua vita, e a soli 16 anni inizia a condurre il programma “School’s Out” su Radio Onde Furlane, dedicato inizialmente alle band liceali e in seguito alle etichette indipendenti. Nel frattempo stringe amicizia con molti musicisti friulani e, da quando aveva 13 anni, compone canzoni in cameretta, fermamente convinta di non farle ascoltare a nessuno. Convinzione che rimane ferma fino a una sera in cui l’amico e vicino di casa Matteo Dainese (aka Il Cane, ex batterista di Jitterbugs e Ulan Bator, fondatore della Matteite Records) le ascolta, quasi per caso. Da lí nasce la collaborazione che porterà a Magadasca, primo disco della cantautrice. Inizia un tour che vedrà la collaborazione di Stefano Pasutto (Tre Allegri Ragazzi Morti, Man On Wire) alla chitarra elettrica. Nel frattempo Lavinia si è trasferita a Milano per frequentare il corso di economia dell’arte presente in Bocconi, dove attualmente studia, curando la direzione musicale della radio universitaria e continuando a suonare sia con il suo progetto solista, sia con i Nobody Cried For Dinosaurs, band indie rock milanese che l’ha adottata da poco tra i suoi ranghi. Nuove canzoni sono in arrivo.

– Facebook: http://www.facebook.com/pages/Lavinia/169448303092756
– Bandcamp: http://laviniapuntoesclamativo.bandcamp.com/

Reviews

 

“(…) Dieci tracce col punto esclamativo a cornice di uno specchio sull’adolescenza che fugge, vocalità ancora acerba ma doti e stoffa che si intuiscono tra le righe, nell’interpretazione, nel delineare a pastello vividi tratti di realtà coetanea. Arpeggi morbidi di chitarra acustica, giochi di glockenspiel folkpop, raddoppi vocali: Sempreverde intensa e scorrevole, già dice cosa aspettarsi.

E subito una cover destrutturata per quanto fosse possibile agire ancora, Anyone else but you dei Moldy Peaches tradotta in italiano con Juno, leggera e contagiosa (cfr. Le-Li, Les Manges Tout) sempre con Matteino nel dialogo: “la tua auto ormai parla di me, ci trovi un po’ di tutto, dvd mp3″… Non lo so assume toni più complessi e intensi rispetto la minimale tessitura precedente, nell’avviluppo strumentale e nel loop degli arrangiamenti -con il violino di Violetta Lucia in evidenza- le Pony Up sono a un tiro di schioppo, mentre Labirinto è forse l’episodio migliore del lotto, un gran refrain a emendare il vago sospiro oratoriale della strofa, una facilità di simbiosi tra parole e suono che abbiamo già ascoltato da Van Houtens, e Il piccolo principe si addentra nel baby rock, di quelle favole che si twittano ai bambini prima di dormire.

L’ombra di una cometa grave d’arco, “il black out di Dio” nasconde le stelle per una sera, il gran drumming di Dainese e i cori fanno il resto per colorare il pezzo come quegli albi nelle vecchie cartolerie; Mani vicine non fa che confermare il buon lavoro retrostante e preparatorio, “concettuale” direi nella vestizione del disco, la voce di Lavinia non tradisce i suoi diciannove anni sopra una struttura adulta, non è toy pop nè twee. Rush finale con Quest’arte morirà, titolo doppiamente impegnativo, il clarinetto rigoglioso di D’Agostin e gli “occhi di una superstar della radio” veloce di sogni e consapevolezze da sfrondare, segue Due matti a ricorrere il tema dalla cover di Juno, un rapporto apparentemente improponibile sotto lo sguardo puntuto di “dentisti in BMW”, evidente che la scrittura è ancora adolescenziale e quindi c’è da attendersi uno scatto in questa direzione e l’esito elettrico maturo potrà aiutare.

Chiude Al diavolo l’anima, piccolo calembour abbastanza riempitivo nei poco sensati cinque minuti, ma non inficia assolutamente gli effetti di quella che è già più di una promessa, incastonata in un team di lavoro adeguato ed efficace made in Friuli.” ItalianEmbassy

 

“Cantautrice udinese, Lavinia, è, come dire, quella che nel suo tempo libero passa a fare qualche trasmissione indie rock con i suoi amici a Radio Onde Furlane, oppure la becchi a qualche concerto, dall’homepage festival del Cormôr, agli eventi de La Tempesta dei TARM.

E poi scopri che scrive canzoni e realizza pure un disco: Madagasca è nato negli ultimi mesi in seno alle Matteite Records di Matteo Dainese. Ma non solo, a questo debutto ci hanno lavorato altri personaggi noti della scena indie friulana quali Enrico Molteni, Lucia Gasti, Stefano Pasutto, Matteo Nimis, Roberto D’Agostin, Simone Sant, e Federico Mansutti.

E così la musica adolescenziale e molto naif di Lavinia si colora di arrangiamenti coinvolgenti come il gioco di suoni dell’iniziale Sempreverde, o la love-song tenue-tenue a due voci, di Juno. Tutto molto dolce e delicato, con quel gusto adolescenziale alla TARM di un tempo, e mi piace in proposito il richiamo all’uomo nero di Non lo so. Ha quel tocco intellettualoide alla Donà che ti compare davanti ascoltandoti Il piccolo principe, oppure quel richiamo onirico alla Flaming Lips di Mani vicine. E poi a me piacciono le chitarre dinamiche di Quest’arte morirà, che ti travolgono in modo raffinato (?).

Ci sono tanti sogni, tanta poesia, tanta delicatezza in questo primo disco di Lavinia, cantautrice naif per chi ha abbastanza sensibilità da fermarsi ad ascoltare. Credo sia un buon debutto ed è pure ammirevole che tutta questa squadra di musicisti abbia voluto credere in lei, riempiendo le sue canzoni di suoni onirici e atmosfere surreali. Si, fatela scrivere, cantare, sognare, da questa delicatezza naif non può che nascere qualcosa di buono… ”  Musicologi

The Remington

The Remington

“Ecco cosa succede quando scopri l’America: ti ritrovi con un paio di amici a divorare come un farcitissimo burrito tutta quella georgafia musicale che va dalla West Coast 60s fino al Paisley Underground, dal Blues torrido degli Stones di Sticky Fingers fino ai raggi cosmici dei Byrds di 5th Dimension. Normale amministrazione se nasci yankee, meno “normale” se nasci a Milano. I Remington fanno parte della seconda categoria: partendo dalle singole e diversificate esperienze dei componenti, si riuniscono sotto un ombrello comune, quello che li ripara dalla pioggia inquinata del capoluogo lombardo, e li espone alla “Rain Parade” ben più colorata del loro “pallino” sonoro. Sono recentemente approdati al debutto discografico su 7”.”
“I Remington sono i fratelli Lorenzo e Niccolò Fornabaio rispettivamente chitarra-voce e batteria, con Michele Comi al basso”

– Facebook: http://www.facebook.com/remingtontheband

– BandCamp: http://theremington.bandcamp.com/

 

Reviews

 

“Un 45 giri imperdibile per tutti gli amanti del più classico folk rock americano e del paisley sound degli anni Ottanta. I Remington esordiscono con “Untitled n. 2″ e “Shame On You”, due brani pubblicati su vinile formato 7″ da Tre Accordi Records.
Il gruppo – composto dai fratelli Fornabaio (Lorenzo: voce e chitarra, Niccolò: batteria) e Michele Comi (basso) – pur ispirandosi a sonorità del passato, si contraddistingue per un songwriting fresco, personale, mai scontato.
Grazie a numerosi concerti nei circuiti alternativi e date di spalla a nomi importanti del genere come Dan Stuart (voce e chitarra dei Green On Red), iRemington possono già contare su un piccolo ma compatto e fedele seguito negli ambienti underground.”  Tre Accordi Records

“Hey hey, my my… Rock and roll can never die.

I Remington esordiscono nel più classico dei modi, pubblicando un 45 giri con due canzoni: Untitled n.2 sul lato A e Shame On You sul lato B. Altrettanto classico è il suono della band: folk rock, paisley sound, alt country… Musica americana.

Lorenzo – voce e chitarra, suo fratello Niccolò – batteria, e Michele – basso, hanno come punti di riferimento gruppi degli anni Sessanta come i Byrds, il southern rock del decennio successivo, poi Tom Petty, Green On Red e, arrivando a questo XXI secolo, Wilco.

Ma il vero punto di forza dei Remington sono proprio le canzoni: eleganti, pop, mai prevedibili o scontate. È una band che conosce bene il passato, la storia del rock, ma non si limita a riproporne i cliché. Anzi, i Remington vivono il presente e guardano al futuro.

Il singolo di debutto dei Remington è stato registrato e mixato da Piero Villa e Gian Luca Romele allo studio Rumorebianco, nel cuore della Valcamonica. Prodotte dallo stesso Romele, Untitled n.2 e Shame On You sono pubblicate sia in formato digitale che su vinile da Tre Accordi Records. La scelta di uscire con un 7″ non è né passatista né dettata dal ritorno trendy del vinile. Semplicemente, è il miglior biglietto da visita possibile. Lorenzo, Niccolò e Michele suonano esattamente così, anche dal vivo.

Niente fronzoli in studio, niente fronzoli sul palco. Solida sezione ritmica, grandi riff di chitarra, grandi melodie, grandi canzoni. IRemington ti raccolgono su una strada di Milano e ti portano lontano, sulla costa californiana e nei deserti di Texas e Arizona.

Come canta Neil Young, my my, hey hey, rock and roll is here to stay…” Troublezine

 

Edipo

Edipo

EDIPO e’ un’artista in continua evoluzione ma con un obiettivo costante: fare musica Pop. E’ come affascinato dall’apparente semplicità di creare il ritornello perfetto, arte che è forse la piu’ difficile dell’ambito musicale. Per fare cio’ alla base delle sue canzoni c’è sempre un minuzioso lavoro di ricerca nella stesura dei testi. Pungente e dotato di un non comune dono della sintesi riesce a fotografare la sua vita e la societa’ in poche ma efficaci battute.
Dopo aver conquistato il consenso univoco della critica con il suo primo lavoro solista Hanno ragione i topi , il musicista gardesano si e’ messo subito al lavoro per il suo secondo disco, Bacio Battaglia, in uscita sempre per Foolica Records all’inizio del 2012.
Anche nel nuovo album Edipo, al secolo Fausto Zanardelli, produttore musicale di lavoro, Bastian Contario per attitudine, gioca con i sintetizzatori e gli strumenti piu’ classici per cercare un’amalgama di suoni su cui srotolare le sue canzoni.
Nonostante la particolarita’ dei punti di riferimento, nelle canzoni di Edipo si ritrova un gusto tutto italiano, classico dei cantautori dei fine settanta, unito e contrastato da quella schiettezza e quell’uso della metrica di chi ha fatto propri i dettami della musica hip hop e li riutilizza decontestualizzandoli, facendo un abile uso di una voce dai toni singolari.
Un poeta contemporaneo che ha molto caro il tema della solitudine. Divertente e sempre molto intelligente nei testi, colpisce subito ma se si scava nel profondo, le sorprese sono sempre di piu’.

– Facebook: http://www.facebook.com/pages/EDIPO/253983461113

Reviews

“Bravo a scrivere, ma soprattutto bravo a interpretare con una certa lungimiranza un indiemondo nostrano con le sue regole e i suoi dazi da pagare. Idroscalo rappresenta, in questo senso, il sunto ideale: quale miglior occasione per imporsi sulla “scena” di un brano che motteggia senza pietà la “scena” stessa? Con un MIAMI (festival organizzato dal portale rockit.it) che diventa la scusa per svelare altarini e degenerazioni modaiole di un universo a sé stante a suon di “Non andrò al Miami perché ho già saputo / che ci va un’altra band simile alla mia / ma loro sono più magri” o “Non andrò al Miami anche se questo inverno / in un locale che è gestito da un mio amico / una volta ho aperto Dente”.” Sentireascoltare

“Se fossimo in un Paese intelligente ed autoironico il fenomeno di massa degli anni ’10 non sarebbero I Cani ma Fausto Zanardelli, in arte Edipo; con Bacio Battaglia infatti conferma tutte le ottime premesse dell’esordio Hanno ragione i topi (datato 2010) ed anzi costruisce un album che non le manda a dire, un disco che riesce sia a far canticchiare sia a far riflettere. Il tutto condito con abbondanti dosi di cinismo (che non guasta mai).” Shiver Webzine

Croco

CROCO

Lo – Fi Pop

Croco nasce, in barba a qualsiasi verosimiglianza naturalistica, nell’autunno del 2010, ennesima variazione sul tema lui/lei. Lui e lei che, musicisti da sempre, dopo essersi già trovati a suonare assieme all’interno di un gruppo, decidono di mettersi in proprio e di contare solamente sulle proprie forze; lui e lei, dicevamo, e basta. L’obiettivo è quello di raggiungere il grado zero della propria scrittura, così da provare finalmente a chiudere il cerchio delle proprie ossessioni. Per fare ciò servono innanzitutto una chitarra e un basso, e poi una drum machine e una vecchia tastiera, più altri strumenti da aggiungere all’occorrenza. Quella che viene fuori è una musica notturna, a tratti sensuale, sospesa tra un’elettronica un po’ low fi e suoni più elettrici/acustici, dove il sacrosanto riconoscimento dell’importanza del ritmo per una buona canzone pop non distrae dalla ricerca della melodia perfetta.

Sono una manciata di canzoni, sono una serie di istantanee un po’ sfocate dove convivono la voglia di raccontarsi e il piacere affabulatorio di raccontare, sono lui e lei, come da copione, con i capelli un po’ arruffati, gli strumenti sottobraccio e lo sguardo fisso chissà dove.

– Facebook: http://www.facebook.com/listentocroco

– Soundcloud: http://soundcloud.com/croco-o/sets/lovepotion#

– Bandcamp: http://gonecore.bandcamp.com/album/croco-ep

L'Officina Della Camomilla

L'officina della camomilla

Indie Folk

“Di cosa stiamo parlando? Difficile definirlo. Un tizio che vomita un arcobaleno, per esempio.”

L’officina della camomilla è un movimento artistico, culturale, musicale, filosofico, poetico, invernale, gastronomico, calcistico, randagio/casalingo, estremamente mattutino fondato sulla tristezza e sui biscotti.
Musica da cameretta che sviluppa la fantasia e le sbronze altrui. Inni alla droga e a tutto ciò che è colorato.

Canzoni da cameretta, testi che sono poemi adolescenziali e polaroid pop, arrangiamenti minimali lo-fi di chitarra acustica e tastiere giocattolo.

I componenti sono:

Francesco De Leo (voce, testi, chitarra), Claudio Tarantino (tastiere casio, giocattoli), Marco Amadio (basso).

tutti i brani (disponibili in rete) sono registrati con garageband 09.

– Facebook: http://www.facebook.com/pages/Lofficina-della-camomilla/110383238992084

- Soundcloud: http://soundcloud.com/lacamomilla/

Reviews

“Cosa può nascere dalla barbarica unione tra voci impastate dalle notti insonni, chitarre scordate, tastierine giocattolo e mal di vivere post-adolescenziale? Se a dosare il tutto è una mente sensibile e distorta con una spiccata vena poetica, il caos può partorire una creatura bella come L’Officina Della Camomilla. (…)

Il malessere esistenziale viene rigurgitato in un flusso caleidoscopico, lontano dalla rabbia giovane e cieca, generando un folkitsch che trascina con sé Piero Ciampi e gli MGMT, Dente e Dino Fumaretto, prende Vasco Brondi e lo immerge in una sostanza caramellosa e malsana. Così piace a Francesco De Leo, mente e corpo dell’Officina della Camomilla (annata ’91, giusto per chiarire).”  Federico Anelli per Shiver Webzine

 

“Come faceva la canzone? Ti amo, poi ti odio, poi ti amo. Ecco, il disco dell’Officina della Camomilla è tutto qui. A fasi alterne, si passa dal fastidio alla piacevolezza, dalla voglia di abbracciarli a quella di insultarli. A respingere sono registrazione ai limiti dell’incomprensibile, voci improponibili, musiche pressoché inesistenti.

In sintesi, un’esaltazione dell’estetica lo-fi da cameretta talmente sfacciata da sembrare pretestuosa, quasi paracula. Roba che, messa così tutta in fila, dà l’effetto del classico gessetto strisciato sulla lavagna. Eppure, ascoltando il disco, ci si ritrova (molto) spesso a sorridere.

È vero, c’è tutto quello appena descritto, ma c’è anche un approccio a metà tra il gioco e il twee, capace di smorzare ogni pretenziosità e di buttarla nel cazzeggio tra amici, con dosi di ingenuità e spontaneità tali da ribaltare le prime impressioni negative. L’Officina della Camomilla riesce infatti a creare un mondo tutto suo. (…) Così finisci per perderti e divertirti, dicendo che in fondo non sono per niente male. Pochi minuti dopo, però, sei già pronto a premere stop giurando di non volerli ascoltare più. Ti amo, poi ti odio, poi ti amo. Basta saperlo.” ROCKIT