HIS CLANCYNESS

HisClancyQuadrato

CHI SONO?
Johnatan Clancy porta un po’ di Canada a Bologna, accompagnato da una gang di amici di vecchia data.

COSA SUONANO?
un dream-pop raffinato, che strizza sempre l’occhio ad un sound decisamente internazionale.

PERCHÉ VENIRE AD ASCOLTARLI?
Perché, lo speriamo per loro, la prossima volta vi costerà almeno il doppio.

#anltascolta:

VUOI SAPERNE DI PIÙ?
His Clancyness è Jonathan Clancy, ragazzo di Ottawa da anni di casa a Bologna. La sua musica è stata definita dream pop, un viaggio veloce attraverso 50 anni di western pop, kraut e cultura psych. Ha pubblicato su cassetta Hissometer EP per la cult label Secret Furry Hole e – per l’etichetta americana Mirror Universe (Toro y Moi, Washed Out, Active Child) – Always Mist, da poco ristampata in vinile 12” da Secret Furry Hole in collaborazione con Splendour e Sixteen Tambourines Records.

His Clancyness dal vivo si trasforma in quartetto, accompagnato al momento da Jacopo Borazzo, Giulia Mazza ed Emanuela Drei, ed ha portato la sua musica dal vivo in Italia, Uk e Stati Uniti condividendo il palco con Women, Casiotone For The Painfully Alone, Cloud Nothings, Handsome Furs, The Pains Of Being Pure At Heart, Akron/Family, Veronica Falls, Lotus Plaza e Pure Ecstasy. Il singolo, Summer Majestic, tradotto in immagini dal videomaker Jamie Harley, è stato scelto dalla rivista Rolling Stone come uno dei migliori della stagione passata.
Nel 2011 ha pubblicato un singolo 7” per l’etichetta giapponese Sixteen Tambourines, uno split 7” con la band Shimmering Stars per l’etichetta norvegese Splendour e uno con The Babies per l’etichetta romana Keep It Yours.

A Settembre 2012 His Clancyness sono entrati in studio a Detroit per registrare con Chris Koltay (Atlas Sound, Lotus Plaza, Akron/Family, Liars, Dirtbombs) quello che sarà il vero e proprio album di debutto della band previsto per il 2013, Vicious, uscito per FarCat Records. Il 2013 è anche l’anno di tour importanti, quali band di supporto di Deerhunters, Widowspeak e Maximo Park.

LUMEN

 

Lumen

Lumen

Freschi dell’uscita del loro secondo ep Correnti, per Deerwaves records (http://deerwaves.com/news/lumen-correnti-ep-terza-uscita-per-dwrec), i Lumen sono un trio torinese che, districandosi tra drum machines, chitarre soffuse e voci lontane, dà vita ad un’elettronica carica e nostalgica, venata di dreampop e chillwave.

Recensioni

“Electropop da Torino, all’attivo un altro Ep rilasciato autonomamente, prima di questa produzione targata DW Records, netlabel nata dall’omonima webzine. La cosa che più colpisce di questo Ep durante l’ascolto, è che mentre si cercano possibili riferimenti “elettronici”, ci si ritrovi a pensare al cantautorato e a certe sperimentazione italiane di inizio anni Ottanta. Ora non siamo impazziti (o forse lo siamo, ma non ci piace ammetterlo), da paragonare i Lumen a Battiato, ma ci piace pensare che dietro a questi tre ragazzi torinesi, ci sia più di una semplice rilettura della new-wave. A volte eterei, a volte pulsanti e incisivi i Lumen hanno le carte per costruire qualcosa di importante in futuro. L’Ep è in free download, approfittatene.” Indie-Roccia

“Si fa presto a dire elettropop. I torinesi Lumen escono dal solco dei Postal Service in pochi istanti, prima ancora di esserci entrati a dire il vero, abbattendo così il mio pregiudizio che senza motivo apparente li avrebbe visti bene da quelle parti. Pertanto l’irriguardoso paragone che ho scelto di spendere per Correnti, il loro secondo disco pubblicato a Gennaio da DeerWaves Records, è quello con il Battiato migliore e con certe atmosfere darkwave alla “Black Celebration”, che seppure non sia esatto è di certo meno inopportuno, considerata la vena cantautorale e le tematiche non esattamente da feste del sabato sera.

Quattro volte su cinque infatti i testi dei Lumen offrono spunti ai limiti dell’esistenzialismo, conditi sempre dalle suggestioni elettroniche dei sintetizzatori, che ispirano malinconia anche quando le melodie paiono strizzare l’occhio al dancefloor. Succede già nel primo riuscitissimo pezzo, Una Estate Inclemente”, in cui si parla/balla di un evento triste e contro natura come l’estate passata in città, mentre Shetland” affronta la bella utopia di un luogo segreto e lontano nel quale andare a rifugiarsi (con tanto di verso a Mimì Clementi). Si prosegue con turbamenti vari e ritmi incalzanti in Eliodora” e la paura di morire de Le Onde”, il cui tappeto sonoro è qualcosa di meraviglioso. “Correnti” arriva così alla conclusiva Theta W”, scivolando via, a dire il vero, non sempre in maniera liscia: qualcosa qua e là non funziona ancora e le combinazioni di atmosfere fosche e immagini evocative, perfette sulla carta, faticano a volte a coinvolgere.

Di certo, insomma, i Lumen confermano in questo disco di meritare tutta la vostra attenzione – dimostrando le loro potenzialità in almeno un paio di brani di altissimo livello – ma sono disposto a scommettere che “Correnti” non si tratti ancora del meglio che la creatività del trio torinese possa offrirci.” Shiver

THE ASSYRIANS

The Assyrians

The Assyrians

Ciao, qui Alfa S. Non ho nulla a che fare con gli Assyrians, non li ho mai visti, non li ho mai ascoltati. So chi sono perché i loro qua qua interferiscono con le onde medie di cui mi nutro. Assumo tutto, non mi interessa dividere il digeribile dall’indigesto. Il disinteresse per la selezione mi ha avvicinato a loro, quindi a voi per estensione. Ho provato a stabilire un contatto con loro, riporto la loro risposta: “Ciao Alfa S., grazie per averci scritto, non capiamo davvero come tu possa essere arrivato a noi. Comunque siamo di Milano e suoniamo insieme da un paio d’anni. A novembre 2012 è uscito il nostro ep su Bored Youth Records ed entro la fine dell’anno dovrebbe uscire il nostro disco, che abbiamo appena finito di registrare. Tieniti aggiornato! Ciao, A.”

– Facebook https://www.facebook.com/TheAssyrians

– Bandcamp http://boredyouthrecords.bandcamp.com/album/the-assyrians-s-t-byr04

Recensioni

“Le vacanze natalizie possono essere una buona occasione per un po’ di repulisti nell’impolveratissimo scaffale delle cassette, dove tra i peccatucci di gioventù (per qualcuno gli 883, per altri i Guns, per me ad esempio l’hip hop anni Novanta) c’è ancora un sacco di roba bella che qualcuno mi copiò ai tempi e che non mi sono mai passato in cd. Mi trovo, a sorpresa, a dover fare posto per un nuovo nastro: si tratta degli Assyrians, giovane formazione milanese che ha sfornato un esordio, è il caso di dirlo, magnetico.

Quattro pezzi di purissimo pop psichedelico, con i Turtles e Brian Wilson nel cuore: intarsi sonori di mellotron e chitarre acustiche, tamburelli e fiati, Primule Scarlatte e Scimmie Felici che scorrazzano tra le note ridendo e canticchiando in coro, con lo Smile sulle labbra. La loro allegria è contagiosa e non mi resta che seguirli sulla quella scia di bobina che lasciano dietro di sè, dimenticandomi la polvere e gli OTR e cavalcando con gli elfici Assyrians tra questi prati viola, dai fiori girevoli e abbaglianti, in mezzo ad alberi impellicciati e ruscelli verde pisello. Quindici minuti di abbandono a un mondo color marshmallows, che si apre con gli intrecci vocali alla Mamas & Papas di “Farewell, scarlet pimpernel” e ha il suo culmine in “Moon, happy monkeys e hop maniac apes”, riff sghembo e folgorante su un tappeto di ukulele e acustica, con una melodia da perdersi dentro e la citazione, appena accennata, di “Pet Sounds” come a dire: “no, non hai sbagliato strada”.

Quando si spegne l’ultima nota di tromba di “htrowyaH atiR” mi ritrovo ancora davanti allo scaffale delle cassette, imbambolato dal gioiellino capitatomi tra le mani proprio alla fine di questo 2012. E mi sento stranamente anche più bendisposto verso i peccatucci di gioventù: vorrà dire che è oggi il giorno fortunato di molte di queste cassette che, almeno per il momento, scampano in zona Cesarini all’archiviamento definitivo (leggi: raccolta differenziata). Esa e compagni: ringraziate gli Assyrians.” Rockit

VADOINMESSICO

Vadoinmessico

Vadoinmessico

 

Vadoinmessico è una band di 5 elementi, tutti o quasi di origini diverse, ma con una città in comune: Londra, nella quale si sono incontrati e dove ben presto hanno iniziato a scrivere canzoni. Giorgio (italiano) e Salvador (Messicano) furono affiancati da Stefan (austriaco) ed Alessandro (italiano), oltre che da Joe (inglese), primo batterista della band. Archeology Of The Future è stato il loro primo full lenght dopo una serie di fortunati singoli. La registrazione dell’ album ha potuto contare sulla collaborazione di Craig Silvey al mixer, già al lavoro tra gli altri con Arcade Fire e Portishead. Questo primo album è un mix esotico di strumenti e ritmi di varie culture, tenuti assieme da raffinate melodie pop: un mix che riflette perfettamente le diverse origini della band. Dopo un lunghissimo tour europeo, hanno finalmente riabbracciato l’ Italia nel corso del 2012, ottenendo anche nel Belpaese un felice successo di pubblico e critica.
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Vadoinmessico is a 5 piece band from several corners of the earth who live in London and play beautifully nostalgic psychedelic folk-pop: Giorgio (from Italy), Salvador (from Mexico) started the band and were soon joined by banjo player Stefan (from Austria) and Alessandro (also Italian), and their English drummer Joe.
They have recorded and produced their debut album “Archeology of the Future” with some additional mixing of the mixing engineer Craig Silvey (Arcade Fire Portishead, etc.)
Archaeology of the Future is a debut album that was created with an exotic mix of instruments, Latin and African rhythms matched with unforgettable and catchy melodies make the band both alternative and pop.
Vadoinmessico make music that reflects their culturally diverse origins, and their migratory status in London. The themes that run through Giorgio’s songs are those of the nostalgia of lost lands and lost loves, and but set to the warm and exotic tones of the Mediterranean and Latin influences that permeate their entirely unique sounds.
However, there is also a dimension to Vadoinmessico that is pop, playful, beautiful, and warm — which will appeal to all, whether younger audiences listening to iPods and specialist radio shows, or an older generation looking for music to complement their summer evenings.

Facebook – https://www.facebook.com/vadoinmessico

Reviews

“Se il superlativo “bellissimo” non fosse ormai stinto dall’uso come un cencio lasciato per troppo tempo al sole; se non esistessero i generi musicali ma solo la “musica bella”, o quantomeno la “musica interessante”; se non mi divertissi a scrivere introduzioni che mettono alla prova la vostra pazienza; se non ci fossero tutte queste cose vi direi che il disco dei Vadoinmessico è un disco bellissimo e che ve lo dovreste procurare subito per poterlo rubricare nella cartella “musica bella” del vostro hard disk, o sul relativo scaffale della vostra libreria.

 

Ma siccome tutto questo non è possibile, allora cercherò di argomentare nel modo seguente: pur rimanendo in un generico solco rock’n’roll, i Vadoinmessico sanno muoversi con estrema scioltezza entro ambiti diversi che vanno dal country di “The colours are” alla musica etnica di “Solau”, dal r’n’r stesso di “Notional towns” all’exotic pop di “Pepita, queen of the animals”, fino ad accenni di psichedelia (“Me, desert”). E lo fanno talmente bene che riesce difficile districare la matassa e portarvi anche questi semplice esempi appena citati.

 

Lo fanno con una qualità di scrittura rara, dimostrata in ogni particolare: dalla stesura delle parti ritmiche alle linee melodiche, dal trattamento della voce (che ricorda alle volte Panda Bear nell’uso dell’eco) alla struttura dei brani (“Fleur le tue”, dove la mancanza della classica alternanza strofa-ritornello non pregiudica affatto la comunicatività del brano), fino alla scelta deit imbri degli srumenti (la marimba della già citata “The colours are”).

Quindi, riassumendo: il disco dei Vadoinmessico è un disco bellissimo che ritrae con gusto una fetta notevole della musica pop nella sua gioventù più acerba e per questo più sincera. Non fatevelo scappare perché è raro, oggigiorno, tornare così volentieri su certi ascolti sentendosi a proprio agio mentre nuovi eccitanti particolari contnuano a presentarsi alle nostre orecchie.” Rockit

 

“Immaginate, in uno di quei tardo pomeriggi caldi, bollenti, indolenti, tra giugno e luglio, un gruppo di amici impegnato a scovare utopistiche sorgenti di corrente rinfrescante. Un bel patio mica può mancare, così come qualche birra rigenerante, la chitarra che fa capolino, gli occhi che scrutano l’orizzonte prossimo al tramonto, serenità a un passo dalla felicità. Un tipico quadretto adolescenziale utile a rifuggire per qualche attimo la solita routine avvilente.

La musica serve anche a questo, a cullare la fantasia e le illusioni, a concedere un momento di respiro. Si può fare, anche senza finire in Messico o in qualche luogo esotico che poi magari si rivela una mezza fregatura. Basta viaggiare con il pensiero, come fa questa truppa di ragazzotti di estrazione geografica differente, uno stralunato quintetto che ha fatto sosta prima in Austria, poi nel centro America, poi in Italia per ritrovarsi, infine, nell’uggiosa Inghilterra e decidere di issare la bandiera di Corto Maltese e perorare la causa dell’avventura. Un mix di “Amici miei”, “Tre uomini in barca”, Salgari, isole misteriose e tutta la tradizione del romanzo di avventura, tra liane, sortite in terre lontane, l’esaltazione dell’amicizia e la celebrazione dell’ingegno umano. Scegliete la colonna sonora adatta e poi salite a bordo. Poti, Marrosu, Garza, Micksh e White hanno optato per una vela spiegata e un pop in prevalenza acustico, rustico, quieto, mai fragoroso, insinuante, contagioso, caldo, corale, dal sapore dilettantesco, capace di celare la sofisticatezza che ne lucida i contorni.

Quattordici brani mai pretestuosi, tra le cui rime si rincorrono i richiami psichedelici della title track e della sognante “Adventure Of Diver”, la ritmicità invogliante di “Curling Up Your Spine” e di “In Spain”, una vocalità debitrice dei fasti di Flaming Lips e Mercury Rev, Pat Metheny e la sua “Secret Story”, “Buena Vista Social Club”, la slide alla Ry Cooder in “Teeo”, Manu Chao che approva sornione in “Pepita, Queen Of The Animals”, “Me, Desert” e la sei corde che si fa carillon mentre sotto si ode la furia energica di Carmelo Bene, il ritornello entusiasmante di “Cave” che furoreggerebbe in tutti i juke box se esistessero ancora. Che aspettate?! Zaino in spalla, crema solare a portata di mano e il nuovo stradario redatto dai Vadoinmessico; pare che dentro si trovino anche i segreti del futuro.”

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ESBEN AND THE WITCH

QuadroEsbenNormal

Esben and the Witch prendono il nome da una fiaba danese carica di magia e di minaccia.
Si collocano precisamente al confine tra tipiche suggestioni dreamy, dall’incedere languido, colmo di escursioni oniriche, tra mito e leggenda.
Le loro sonorità, spesso bjorkiane e à-la Portishead, ( anche se, relativamente a entrambi i riferimenti, qui l’uso dell’elettronica è dosato al minimo), sembrano fatte della stessa materia degli incubi e la voce di Rachel riporta immediatamente all’immaginario mondo bröntiano.

“Sembra muoversi come una fiaccola nera fra spasmi emotivi e antiche passioni, cercando una testimonianza dentro un mondo immobile e ghiacciato “ e ricco di stratificazioni e sensi di lettura, dal più romantico al più spirituale sino a quello più squisitamente fragoroso tra dark-post punk e noise, con un lirismo diretto dai continui cambi cromatici.
Evolutisi ancora da quell’attitudine darkwave che spuntava orgogliosa dietro il debutto di “Violet Cries”, i ragazzi di Brighton con il nuovo lavoro “Wash the sins not only the face” (Matador Records 2013) raffinano il proprio stile in un’opera sofisticata ma non difficile, profondamente dark e pop insieme.

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Esben and the Witch music has been described as “electronic dubstep soundscapes” and “Radiohead without the mithering, goth stripped of unnecessary melodrama”, with Rachel Davies’ vocals compared to Siouxsie Sioux and PJ Harvey.
Named after a Danish fairy tale and crafting fittingly eerie and bewitching music, Brighton, England’s Esben & the Witch features guitarist/keyboardist Thomas Fisher, electronics/guitarist Daniel Copeman, and vocalist/percussionist Rachael Davies. The trio formed in 2008 when Fisher convinced Copeman to make the music he was working on available to the public, and the pair drafted Davies to become their singer. The band’s live act drew attention, as did their self-released 2009 EP 33. Esben & the Witch played gigs with Deerhunter, the xx, and Foals, and released the single Lucia, At the Precipice in 2010. That May, they contributed their song “Corridors” from 33 as the soundtrack to an installation by artist Karl Sadler as part of the London edition of the Creators Project. Later in 2010, Matador Records signed the group and released the Marching Song single that October; in December, it was announced the band made the long list for the BBC’s Sound of 2011. That January, their debut album Violet Cries arrived to critical acclaim.
Early in 2013, the group resurfaced with Wash the Sins, Not Only the Face, a more polished and focused set of songs.
Drawing inspiration from personal experiences, geography, history and literature, their second release condenses their post-rock influences into the notation of their music, orchestrating the evocative ebb and flow of their short stories into something that is palpable to the listener.

– Facebook  https://www.facebook.com/esbenandthewitch

Reviews

“Vengono da Brighton e dipingono tele inquiete usando tutti i colori del buio. In un momento di evidente ritorno per le sonorità neo-gotiche, tanto nei fenomeni più o meno “under” come Zola Jesus e la witch house, quanto in quelli più commerciali e pop con il taglio sempre più eighties di produzioni come Bat For Lashes e The XX, Esben and the Witch sembrano capitare talmente alla perfezione che il sospetto di operazione costruita furbamente da qualche homo marketing viene quasi automatico. I dubbi vengono dissipati dalla sostanza delle idee e dei suoni che i tre muovono. L’eppì dell’anno scorso aveva spinto qualche penna lungimirante a parlare di next big thing, la firma successiva per Matador e il conseguente tour con Zola Jesus hanno spinto verso l’hype, in maniera tanto classica quanto efficace.

Il suono dei ragazzi di Brighton si riallaccia in maniera devota alla più solida tradizione britannica del nero senza il minimo accenno di incertezza, ma anzi con un’energia ruvida e creativa, che non si sentiva da anni in questo tipo di sonorità. Già l’ep di debutto, su sei brani vanta almeno due piccoli classici (Marching Song e About This Peninsula, per non parlare della micidiale Skeleton Swoon contenuta nella compila Dance to the radio), che da sole basterebbero a ridicolizzare decine di band che hanno pensato bastasse copiare i riff dei Sisters Of Mercy e il canto psicotico di Peter Murphy, per costruirsi un’identità. Gli Esben di contro, pur non inventando nulla, riescono a creare perfetti congegni pop (anzi “nightmare pop” come li chiamano loro) usando il linguaggio del gotico inglese come fosse una grammatica.

The Marching Song cos’altro è se non la loro Spellbound, rallentata, inacidita e astutamente inquietante nella sua fissità ritmica? E il riferimento ai Banshees torna con insistenza nel corso del disco, non foss’altro che per il taglio veemente e glaciale dei vocalizzi della cantante Rachel Davies, novella dominatrix dark, che da sola fa metà disco alternando cupa crudeltà (Chorea) e malinconiche verità (Eumenides, Swans). La produzione di Daniel Copeman completa l’opera intervallando abilmente elettronica e chitarre, riverberi ed echi, in un modo che a tratti li porta dalle parti di una Björk arcigna ed austera (Light Streams, Hexagons IV) o meglio ancora di una Bat For Lashes per adulti (Warpath). Violet Cries è un altro esempio perfetto di come nella pop music nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.” Sentireascoltare

“When Esben and the Witch released their 2011 debut, Violet Cries, it aligned them with then-current goth pop (Zola Jesus, Austra, Chelsea Wolfe), and, as Jayson Greene concluded in his review of the album, “the cumulative impact [was] more tepid than bone-chilling.” The Hexagons EP released later that year diluted the debut’s hints of darkness even further. But the band’s new album, Wash the Sins Not Only the Face, manages to transcend the band’s cobwebby connotations. Here Esben and the Witch lean towards post-rock, which edges them in the direction of bands that are haunting without being specifically gothic, like Warpaint or Wild Beasts.

Singer Rachel Davies keeps within a narrower vocal range on this record, employing dense layering as a means of intensity. “I haven’t drunk for days/ I’m heady with the haze/ I’m sinking,” she sings on the hypnotic “Shimmering”, where rattlesnake tail guitars shake over ride cymbals. The song is emblematic of the sustained tension that ebbs and flows over the course of Wash the Sins; “Slow Wave” never really reaches a specific precipice, but maintains a nervous edge thanks to its militaristic drum beat and the eerie sounds coming from Thomas Fisher’s guitar.

That said, Wash the Sins isn’t just a mood exercise. One of the shortest songs on the album, “Despair”, where clawing guitars build to a vicious climax, is noticeably louder than anything they’ve done before. “When That Head Splits” has some bounce in its rhythm, and opener “Iceland Spar”‘s initial seconds of silence are swiftly exploded by a spiky maelstrom– a satisfyingly furious streak picked up in the appropriately named album closer, “Smashed to Pieces in the Still of the Night”, where high-pitched, dissonant guitars riff out to a galloping, near-proggy conclusion (…)” Pitchfork

La line-up completa dell'edizione 2013

Line Up A Night Like This Festival 2013

Line Up A Night Like This Festival 2013

 

L’Associazione culturale A Night Like This, in collaborazione con il Comune di Chiaverano, annuncia il ritorno di A Night Like This Festival, il 20 Luglio 2013 a Chiaverano (TO) per la sua seconda edizione.

Tra gli artisti in line-up: Esben and The Witch, il trio di Brighton la cui cantante Rachel sembra incarnare il mondo di Emily Brönte in un’opera sofisticata, dark e pop allo stesso tempo – Egyptian Hip Hop, la rivelazione di Manchester: chitarre abbronzate e sintetizzatori, irresistibili ed imprevedibili, trascinano i tuoi sensi lontano in qualche isola del Pacifico. Vadoinmessico, la band cosmopolita con base a Londra ed il suo mix di strumenti e ritmi di varie culture tenuto abilmente insieme da raffinate melodie pop – Cosmo, il cantautore del futuro anteriore che fa convivere la canzone d’autore con l’elettronica e la psichedelia in un live che è tutto una sorpresa – Dumbo Gets Mad, il duo formatosi tra Los Angeles e Reggio Emilia in una fusione ad alto contenuto psichedelico. Inoltre Paletti, Brothers in Law, Le Case del Futuro e molti altri.

Lo scorso anno il piccolo paese, gioiello medievale nascosto nel Canavese, accanto ad Ivrea e ad un passo dal bellissimo Lago Sirio, ha aperto le sue porte ad un pubblico giovane e curioso che per un giorno ne ha raddoppiato la popolazione.

La scommessa è stata vinta: un viaggio non solo musicale, ipnotico e coinvolgente in una location mozzafiato e fuori dai consueti circuiti cittadini. La proposta ritorna con oltre 20 band su tre palchi: 10 ore di musica, Area Expo prodotti handmade e degustazioni a km zero.

Strutture convenzionate, servizi navetta che collegano la vicina stazione di Ivrea all’area concerti e al campeggio sulle sponde del Lago Sirio, nelle cui acque è possibile nuotare circondati da un paesaggio unico, regalano la possibilità di trascorrere un weekend estivo low cost di puro relax e magia,

Ticket: 10 euro – Apertura porte h 15:30 Inizio concerti ore 17:00

DJ set by: Kicks Up – Marco Foresta – Fellas

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COSMO

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Cosmo

Cosmo (pseudonimo che nasconde Marco Bianchi dei Drink To Me) è il cantautore del futuro anteriore, nella sua musica gli stilemi tipici di certa canzone d’autore convivono con l’elettronica e la psichedelia. Non usa chitarre acustiche ma campionatori, sintetizzatori, batterie elettroniche e suoni generalmente confusi e potenti. Mischia Battisti con gli Animal Collective, Dan Deacon con Jovanotti, Gold Panda e Battiato, dando via a un frullato coloratissimo e dal gusto inedito.

Cosmo inizia laddove finisce “S” dei Drink To Me, con l’aggiunta di una componente più “estrema” a livello di produzione (estremamente pop, estremamente compressa, estremamente elettronica…).
Il suo primo album è “Disordine” è in uscita a maggio su 42 Records (I Cani, Colapesce, Criminal Jokers e tanti altri), anticipato dal singolo “Ho visto un Dio” presentato in anteprima su Radio2Rai.

Ma Cosmo già guarda avanti e non vede l’ora di calcare il palco con il suo show che unisce caos e divertimento. L’approccio è quello di un live elettronico: nessuno strumento, solo effetti e campionatori, tutto viene manipolato e modificato in tempo reale da Marco, voce compresa, come in questo video realizzato dal vivo per Wired (http://tv.wired.it/entertainment/2013/04/15/cosmo-la-sua-numeri-e-parole-live-dalla-sala-da-pranzo.html). Sul palco con lui non ci sarà una band, ma due ballerine. L’aspetto visuale sarà curato tanto quanto quello musicale e non mancheranno le sorprese. Quello di Cosmo non è un concerto qualsiasi ma una vera e propria festa dove conta solo lasciarsi andare. Non aspettatevi il solito live del gruppo indie, aspettatevi il delirio.

– Facebook https://www.facebook.com/cosmoitaly

Reviews

“Il sito del settimanale femminile Grazia lo ha già indicato tra le novità italiane da seguire con più attenzione e l’anteprima del singolo avvenuta su Radio Due Rai, all’interno del programma Babylon, ha generato una piccola corsa alla scoperta di questo nuovo progetto di Marco Jacopo Bianchi, già cantante e fondatore dei Drink To Me, qui alla prima prova con la lingua italiana.
“Ho visto un Dio” è più di un video di un singolo apripista, un vero e proprio manifesto programmatico che svela al pubblico le peculiarità e gli intenti di Cosmo: mettere a confronto il pop di qualità, le sonorità elettroniche più in voga e la tradizione musicale italiana.
Il video, girato da Gabriele Ottino per il collettivo Superbudda, rappresenta un’immersione nei tratti più psichedelici del pop di Cosmo. Il confine tra le realtà e le proiezioni è labilissimo.” Impatto Sonoro

“Ho visto un Dio” è più di un video di un singolo apripista, un vero e proprio manifesto programmatico che svela al pubblico le peculiarità e gli intenti di Cosmo: mettere a confronto il pop di qualità, le sonorità elettroniche più in voga e la tradizione musicale italiana.
Il video, girato da Gabriele Ottino per il collettivo Superbudda, rappresenta un’immersione nei tratti più psichedelici del pop di Cosmo. Il confine tra le realtà e le proiezioni è labilissimo.
Il disordine vince su tutto e si fa fatica a comprendere cosa sia vero e cosa percepito.
Le ballerine, lo spaesamento dato dai toni accesi dei colori, il bosco, sono tutti elementi che servono a inquadrare quello che è a tutti gli effetti uno dei tratti fondamentali di Cosmo: il caos!” Rockon

 

FARMER SEA

Farmer Sea

Farmer Sea

La band, nata a Torino nel 2004, si è fatta conoscere con due ep autoprodotti (“Where People Get Lost And Stars Collide” del 2005 e “Helsinki Under The Great Snow” uscito su cd 3” nel 2007), accolti ottimamente dalla stampa italiana e internazionale (NME li segnala come una delle migliori breaking bands). I consensi vengono rinnovati nel 2009, quando esce per I Dischi De L’Amico Immaginario/Audioglobe il primo album “Low Fidelity In Relationships”, prodotto da Maurizio Borgna (Perturbazione, Zen Circus, Settlefish, Crash Of Rhinos). Il disco è trainato dal singolo “Teenage Love”, il cui video girato da Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione è stato a lungo in rotazione su MTV Brand: New e Deejay TV. Durante questi anni la band è stata in tour in tutta Italia suonando in festival prestigiosi come Heineken Jammin Festival, Six Days Sonic Madness, Nuvolari, MiAmi e MusicalBox, e aprendo i concerti di Girls in Hawaii, Lightspeed Champion, You Sau Party, Jennifer Gentle, TARM, ecc… A gennio 2012 esce per la Dead End Street Records, “A Safe Place”, il nuovo album prodotto dagli stessi Farmer Sea.
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The band, based in Turin (Italy), was formed in 2004.
At the very beginning, Farmer Sea self-released two EPs, “Where People Get Lost And Stars Collide” in 2005 and “Helsinki Under The Great Snow” a 3 inch CD in 2007, both well acclaimed by the italian press and also by foreign magazines such as NME (best breaking bands).
These general consents were renewed in 2009 with the band’s first full length album “Low Fidelity in Relationships” produced by Maurizio Borgna (Perturbazione, Zen Circus, Settlefish, Fine before You Came, Crash Of Rhinos) and released by “I Dischi De L’Amico Immaginario”.
The record came along with a stop motion video realized for the song “Teenage Love”, directed by Tommaso Cerasuolo: the video was featured on MTV Brand:New Channel and Deejay TV.
Throughout all these years the band kept on touring all over Italy, playing in several festivals such as Heineken Jammin Festival, Six Days Sonic Madness, Nuvolari, MiAmi and Musical Box and playing as opening act for Girls In Hawaii, Lightspeed Champion, You Say Party, Jennifer Gentle, TARM, Beatrice Antolini and many others.
On January 2012 will be released by Dead End Street Records, “A Safe Place” the second full length album, entirely produced by the band.

– Facebook https://www.facebook.com/farmerseaofficial

– Sito internet http://www.farmersea.it

Reviews

“Quante volte si sente dire, di un disco italiano, che è pronto per sfondare all’estero, a volte anche solo per motivazioni che col contenuto sostanziale del disco non hanno niente a che fare. Si snocciolano date in più o meno improbabili festival anglosassoni, si citano le collaborazioni con qualche produttore strapagato – che naturalmente segue la band dagli esordi – e ci si esalta per sonorità à-la page – ammesso e non concesso che lo siano davvero – e canzoni mediocri.
Una eccezione a questa macchina promozionale – e provinciale, dato che ha comunque sempre e solo effetto sul mercato interno (o quasi) – è, guarda caso, una band che si autoproduce e fa musica che altri gruppi stranieri fanno da più di dieci anni. Ma, in questo caso, non è la riproduzione calligrafica di questi ultimi a convincere della “internazionalità” di “A Safe Place”, ma l’ispirazione compositiva e la limpidezza degli arrangiamenti.

I Farmer Sea, ragazzi torinesi in attività dal 2004, realizzano infatti in questo secondo disco un piccolo capolavoro di timidezza e spontaneità, un fluido guitar pop, dal sound oscillante da corposità Nada Surf a volubili impressioni Sarah (si rimanda alla bella “Nothing Ever Happened” per un riassunto) dove ogni cosa sembra semplice, complice una scorrevolezza che può venire solo da un grande lavoro sulle canzoni.
Si muove sul velluto la voce di Andrea Sassano, confessando le ascendenze Teenage Fanclub del gruppo (“To The Sun”), caratterizzandole con una vena di rabbia sommessa, di pensosa malinconia come nel jangle reinterpretato secondo stilemi gibbardiani in “Small Revolutions” (ma siamo sempre dalle parti della Seattle primi 2000 nel sadcore viscerale di “The Fear”). Ancora i Death Cab For Cutie di “Transatlanticism” tornano nel paesaggio solitario di “For Too Long”, in uno sfondo tempestoso di lontani echi di pianoforte e riverberi chitarristici.

Non mancano anche il gusto National dell’arrangiamento di “Lights” e “Disappearing Season” e l’electro-pop dei Notwist di “Number 7″, ma il fatto che nessun riferimento possa accampare diritti di paternità è un segno inequivocabile che gli unici veri autori di “A Safe Place” sono proprio gli stessi Farmer Sea, che di certo non sfigurano di fronte a tutti i nomi evocati dalla loro musica.
Vi sembra poco?” Ondarock

 

DUMBO GETS MAD

Dumbo Gets Mad

Dumbo Gets Mad

Dumbo Gets Mad nasce nell’estate 2010 fra Los Angeles e Reggio Emilia.
L’idea sulla quale si basa il progetto è quella di fondere un intenzione elettrica e analogica a una sonorità persa nel tempo, calda e organica in modo da creare una fusione ad alto contenuto psichedelico capace di trasportare verso lidi sconosciuti ma rassicuranti.
Dopo interessamenti da parte di stampe internazionali e svariati blog americani il progetto decide di fare uscire un primo lp con Bad Panda Records nel Febbraio 2011.”Elephants at The Door” è il suo titolo e viene distribuito digitalmente con l’innovativa formula del “pay with a tweet”, riuscendo a raggiungere in poco più di un anno la soglia dei 100mila digital download e in formato vinile in numero limitato(500 copie).
Il duo inizia un tour che lo vedrà aprire per la New York based band “The Books” al Circolo degli Artisti a Roma, per i Neon Indian a Padova e per i Black Lips a Marsiglia. Si aggiunge nell’autunno 2012 un minitour Californiano di 4 date che congederà Elephants at The Door aprendo le porte al nuovo disco “Quantum Leap” in uscita nel febbraio 2013 sempre per Bad Panda Records.
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Dumbo Gets Mad emerged in the summer of 2010 in Northern Italy and has now migrated to Los Angeles. His initial aim was to lay down some marvelous music in an organic manner, open to whatever direction the tunes took during the recording session. The first published track was Plumy Tale, which received positive reviews from a number of music blogs. Dumbo then decided to work on a debut album with an express goal and spirit in mind: “No matter what it sounded like, it had to be psychedelic!” The result is Elephants at The Door. The album was recorded sans fancy technology, using old-fashioned equipment like analog synthetizers and tape machines—and lots of good vibes.

Facebook – http://www.facebook.com/DumboGetsMadMusic

Reviews

Quantum Leap racchiude già nel suo titolo una perfetta doppia interpretazione del disco: da una parte un impressionante salto quantico (e di qualità) della band, approdata di colpo ad un suono più corposo, sexy e maturo. Dall’altra, il riferimento ad una teoria cosmica che prevede una svolta nelle sorti del pianeta terra e dei suoi abitanti, verso un nuovo risveglio spirituale e percettivo (sì, ho dovuto leggere un sacco di forum inquietanti per capire di cosa si trattasse).

Il nuovo lavoro del duo più attraente della musica italiana è proprio così: psichedelico fino all’osso e super trippy, un vortice caleidoscopico di lumicini e colori in cui si fondono il sesso e il gioco, che insieme al groove sono le tre colonne portanti delle tredici canzoni. Linee di basso grasse e funky risvegliano chitarre indisciplinate e riverberi telefonici, la samba fa spazio a mille tamburi di braccia tatuate e in men che non si dica sei già preso bene fino alla punta dei capelli. (…) Correte a comprarlo.” Rockit

“Ode to madness, è magnifico rendersi conto che in Italia ci sia ancora qualcuno dotato di un minimo di follia (e mai come in questo caso la parola non è scelta a caso), capace di creare un lavoro unico e prezioso fatto di chitarre sghembe, suoni di missili in partenza verso la luna e synth lisergici. I Dumbo Gets Mad sono una di quelle band che non ti fa perdere la speranza che anche da noi sia possibile unire passato e futuro, ottenendo risultati di qualità assoluta.
(…) Non capita tutti i giorni di trovare la Detroit del soul, la leggerezza transalpina di Jane Birkin, il psych pop d’ oltremanica, il groove di matrice funk (Cougar) e l’animo elettro-latino (Maleducato) uniti tutti in un unico, coeso e multietnico lavoro, leggero pur nella sua elegante ricerca sonora. Potresti ascoltare brani come Future Sun o Bam Bam in loop per ore senza mai stancarti, lasciando che di fronte a te si aprano ogni volta scenari differenti, nuovi ed unici. Al tutto aggiungete che i DGM tirano fuori un brano che in un colpo solo coverizza “212“ e “Liquorice“ di Azealia Banks ed il gioco è fatto, la trappola dentro cui cadrete senza poterne più uscire è pronta.” Dlso

PALETTI

Paletti

Paletti

 

È nel 2012 che Pietro Paletti, bassista e voce dei THE R’S ma anche produttore e compositore per documentari e spot pubblicitari internazionali, si presenta per la prima volta come autore solista in italiano e lascia solo apparentemente l’attitudine internazionale per ritornare nell’alveo di un cantautorato italiano intimo, familiare, casalingo.

Dopo la felice prova dell’ep “Dominus”, ampiamente apprezzato da critica e pubblico, ecco l’esordio sulla lunga distanza di PalettiErgo Sum.
Il polistrumentista, già bassista e cantante degli acclamati R’s, riprende il discorso dove lo aveva lasciato e si mette letteralmente a nudo in otto canzoni che pescano a piene mani dalla migliore tradizione pop italica, si vestono di suoni internazionali e puntano su testi dalla schiettezza disarmante.
Ergo Sum è un autoritratto, un’autoterapia, un autoscatto, una pagina di diario: è Paletti al 100%, il racconto di un “sé” che diventa quello di un “noi”, tanto le suggestioni personali sono condivisibili: l’individualismo posto come prima pietra di un cambiamento che sarà collettivo, contrapposto a rivoluzioni che lasciano il tempo che trovano, l’esigenza di andare avanti da soli, unita alla consapevolezza che non è possibile non amare.
Paletti diluisce sé stesso in canzoni la cui semplicità nasconde un grande lavoro di cesello e si candida a diventare una voce riconoscibile del panorama musicale italiano.

– Website http://www.ilpaletti.it/

– Facebook http://www.facebook.com/pages/Paletti/248579978545259

Reviews

” Dopo il piacevole Ep Dominus Paletti torna a divertirsi da solo, in licenza premio dai The R’s, uscendo col primo disco sulla lunga distanza. Un lavoro più maturo questo Ergo Sum, e le sonorità più malinconiche che, già la reggaeggiante “Portami Via” anticipa, sembrano essere fatte apposta per rimarcare l’evoluzione del percorso musicale del cantautore, che qui si mette a nudo non solo nella copertina dell’album.

Ad aprire le danze è però “Cambiamento”, ritmata polemica sociale amara anche se non originalissima, una delle tracce più grintose del disco assieme al rock ironico di “Mi Son Scordato Di Me” ed a “Senza Volersi Bene”, dove emergono pienamente sonorità che, grazie anche al contributo non certo secondario del synth ed ai suoni della batteria, riecheggiano fortemente di anni 80. Degli echi Battistiani emersi nel precedente lavoro rimangono poche tracce, ad esempio nella delicata “Le Foglie”, ed è quindi la personalità del bassista dei The R’s che esce fuori prepotente soprattutto nelle tracce più malinconiche. “ Stordisco

“(…) Paletti  oltre ad essere polistrumentista e anima dei già apprezzati The R’s (ex Records) si propone ora come canzoniere in proprio abbracciando la sfida della lingua italiana. Diciamo subito che il pregio di Dominus, EP d’esordio per Foolica records, sembra essere quello di tracciare un ideale ponte tra l’estetica Battistiana della Numero Uno (Graziani, Papallardo ecc) e le suggestioni sonore della nuova “pastorale americana” (Local Natives, Fleet Foxes, Grizzly Bear).

Si parte con il brio di Adriana ed un gusto nell’arrangiare che nel suo essere sopra le righe, delinea la cifra stilistica dell’intero EP, mentre Tricerebrale fa pensare ad una jam tra il miglior Gazzè ed I Flaming Lips presentandosi nei testi come una parata di timida auto indulgenza maschile. Ogni esitazione esistenziale viene interrotta dalla psichedelia verbale e musicale di Geco che con la sua cavalcata spettrale segna il cambio di rotta di Dominus verso l’introspezione. Raccontami di te e Alla mia età sono sicuramente i momenti più intensi del disco, ovvero, le canzoni con la C maiuscola che da subito rapiscono l’ascoltatore: la prima, sognante e nostalgica, mette in pratica la lezione corale americana con le inflessioni del più classico Battisti; la seconda è prototipo di ballata senza tempo con falsetti Fornaciari, svolazzi Cocciante ed un poster della sempreverde e lennoniana Imagine sul fondo.

Il talento di Paletti sta tutto nella disinvoltura con cui queste canzoni ci raccontano chi lui sia e da dove venga pur senza avere una carriera solista pluridecennale alle spalle. Se questo è solo l’esordio, segnamoci fin da subito questo nome perché Dominus potrebbe essere decisamente la punta di un iceberg.”  Sentireascoltare