CHI SONO?
cinque amici di Vergiate (VA) con un sacco di dischi degli anni ’70 e ’80.
COSA SUONANO?
atmosfere tipiche della new wave contaminate da frammenti di rock italiano.
PERCHÉ VENIRE AD ASCOLTARLI?
Joy Divisione e The Cure si fondono con Litfiba e Diaframma… Non siete neanche un po’ curiosi?
#anltascolta
VUOI SAPERNE DI PIÙ?
I MasCara nascono nel 2007 a Vergiate (VA) da un’idea di Lucantonio Fusaro (voce, chitarra), Claudio Piperissa (chitarra), Marco Piscitiello (basso), Nicholas Negri (batteria) e Simone Scardoni (piano,synth e violoncello). Un’idea che punta a dar vita ad un gruppo rock che si ispiri al new wave ed al post-rock, strizzando però l’occhio alla tradizione della musica rock italiana.
Il primo EP, interamente autoprodotto, arriva alla fine del 2009: L’amore e la Filosofia, con cinque brani inediti che cominciano ad attirare sulla band i primi consensi di pubblico e critica. Nel 2012 segue il primo album Tutti usciamo di casa, un lavoro composto da dodici brani ai quali partecipa anche un’orchestra di giovani musicisti classici dai 17 ai 28 anni diplomati o studenti al Conservatorio ed un coro di bambini.
Tra il 2013 ed il 2014 pubblicano invece gli EP complementari Isaac e Laica, entrambi rilasciati in free download ad anticipare il secondo LP Lupi, uscito lo scorso aprile.
Gli Younger and Better nascono nel 2012 dalle valvole incandescenti di un VOX in Converse e jeans strappati, che ubriaco per le vie di Sheffield si è innamorato di un’onda quadra, trucco sfatto e sigaretta. Colpa della vita o chissà di cos’altro, lo stile della band si impregna di influenze indie, post-rock, dubstep e drum’n’bass alcoholico, portando sul palco cupe e furiose miscele di chitarre taglienti e bassi subsonici, scandite da rullate a 260 bpm e scoppiettìo di valvole surriscaldate. I live firmati YAB riversano sul pubblico masse sonore palpabili, troppo consistenti per essere confinate nelle quattro mura di un pub, una nebbia fitta di vibrazioni e incazzatura.
Dopo un ep di 6 tracce intitolato “Last Known Surrenders”, pubblicato a dicembre, la band, in piena cascata creativa, progetta un ritorno in studio per fissare nella memoria dei posteri le proprie allucinazioni e la sua unica certezza: i riverberi sono marciti e le distorsioni si sono infettate.
“Giovani (nel nome, almeno), di recentissima formazione, al primo ep. Dichiarano di trarre spunto “dall’energia dei 65DoS, dalla meticolosità degli Explosions in the Sky e dall’intelligenza dei Suuns“, tutte band con cui gli Younger and better hanno a ragione qualche punto di contatto, ma di cui non hanno ancora mutuato una caratteristica importante, l’imprevedibilità.
Ciò non significa tuttavia che questo “Last known surrenders” sia un brutto disco, tutt’altro. Ha dalla sua un suono levigato e con le idee chiare, definito in particolare dalle chitarre e dalle ritmiche essenziali ma non minimaliste, l’ottimo livello compositivo dei pezzi (tra cui si stagliano “Mountainhead” e “Untitled”), e la generale percezione che la band possa crescere ancora, a partire dalla voce, già comunque più che soddisfacente. Una prima uscita promettente, senza dubbio. E c’è da scommettere che l’imprevedibilità arriverà coi prossimi lavori.” Rockit
“Questo quartetto di Milano, al debutto assoluto, è dedito a un art-rock che alterna momenti cupi ad altri che emanano vibrazioni decisamente più positive. Dal punto di vista stilistico, si passa da un’impostazione puramente rock a episodi nei quali si inseriscono sintetizzatori e ritmiche elettroniche. Tutto questo avviene non tanto tra una canzone e l’altra, ma piuttosto all’interno di ognuno dei sei brani. Tra l’altro, c’è anche una certa concisione nell’elaborare queste idee di base, perché tutti i brani durano meno di quattro minuti a eccezione dell’ultimo. Naturalmente, il rischio per un gruppo esordiente che ambisce a mettere insieme questi diversi elementi è che il risultato sia poco compatto e/o pretenziosi, ma gli Younger And Better senz’altro la maturità non l’hanno ancora raggiunta, e ci mancherebbe, ma il loro lavoro suona già coeso e diretto come dovrebbe essere affinché tentativi come il loro abbiano un senso. Meritano, quindi, di essere seguiti, anche perché dal vivo hanno anche una marcia in più rispetto a questo già buon Ep” Stefano Bartolotta per OndaRock
Esben and the Witch prendono il nome da una fiaba danese carica di magia e di minaccia.
Si collocano precisamente al confine tra tipiche suggestioni dreamy, dall’incedere languido, colmo di escursioni oniriche, tra mito e leggenda.
Le loro sonorità, spesso bjorkiane e à-la Portishead, ( anche se, relativamente a entrambi i riferimenti, qui l’uso dell’elettronica è dosato al minimo), sembrano fatte della stessa materia degli incubi e la voce di Rachel riporta immediatamente all’immaginario mondo bröntiano.
“Sembra muoversi come una fiaccola nera fra spasmi emotivi e antiche passioni, cercando una testimonianza dentro un mondo immobile e ghiacciato “ e ricco di stratificazioni e sensi di lettura, dal più romantico al più spirituale sino a quello più squisitamente fragoroso tra dark-post punk e noise, con un lirismo diretto dai continui cambi cromatici.
Evolutisi ancora da quell’attitudine darkwave che spuntava orgogliosa dietro il debutto di “Violet Cries”, i ragazzi di Brighton con il nuovo lavoro “Wash the sins not only the face” (Matador Records 2013) raffinano il proprio stile in un’opera sofisticata ma non difficile, profondamente dark e pop insieme.
Esben and the Witch music has been described as “electronic dubstep soundscapes” and “Radiohead without the mithering, goth stripped of unnecessary melodrama”, with Rachel Davies’ vocals compared to Siouxsie Sioux and PJ Harvey.
Named after a Danish fairy tale and crafting fittingly eerie and bewitching music, Brighton, England’s Esben & the Witch features guitarist/keyboardist Thomas Fisher, electronics/guitarist Daniel Copeman, and vocalist/percussionist Rachael Davies. The trio formed in 2008 when Fisher convinced Copeman to make the music he was working on available to the public, and the pair drafted Davies to become their singer. The band’s live act drew attention, as did their self-released 2009 EP 33. Esben & the Witch played gigs with Deerhunter, the xx, and Foals, and released the single Lucia, At the Precipice in 2010. That May, they contributed their song “Corridors” from 33 as the soundtrack to an installation by artist Karl Sadler as part of the London edition of the Creators Project. Later in 2010, Matador Records signed the group and released the Marching Song single that October; in December, it was announced the band made the long list for the BBC’s Sound of 2011. That January, their debut album Violet Cries arrived to critical acclaim.
Early in 2013, the group resurfaced with Wash the Sins, Not Only the Face, a more polished and focused set of songs.
Drawing inspiration from personal experiences, geography, history and literature, their second release condenses their post-rock influences into the notation of their music, orchestrating the evocative ebb and flow of their short stories into something that is palpable to the listener.
“Vengono da Brighton e dipingono tele inquiete usando tutti i colori del buio. In un momento di evidente ritorno per le sonorità neo-gotiche, tanto nei fenomeni più o meno “under” come Zola Jesus e la witch house, quanto in quelli più commerciali e pop con il taglio sempre più eighties di produzioni come Bat For Lashes e The XX, Esben and the Witch sembrano capitare talmente alla perfezione che il sospetto di operazione costruita furbamente da qualche homo marketing viene quasi automatico. I dubbi vengono dissipati dalla sostanza delle idee e dei suoni che i tre muovono. L’eppì dell’anno scorso aveva spinto qualche penna lungimirante a parlare di next big thing, la firma successiva per Matador e il conseguente tour con Zola Jesus hanno spinto verso l’hype, in maniera tanto classica quanto efficace.
Il suono dei ragazzi di Brighton si riallaccia in maniera devota alla più solida tradizione britannica del nero senza il minimo accenno di incertezza, ma anzi con un’energia ruvida e creativa, che non si sentiva da anni in questo tipo di sonorità. Già l’ep di debutto, su sei brani vanta almeno due piccoli classici (Marching Song eAbout This Peninsula, per non parlare della micidiale Skeleton Swoon contenuta nella compila Dance to the radio), che da sole basterebbero a ridicolizzare decine di band che hanno pensato bastasse copiare i riff dei Sisters Of Mercy e il canto psicotico di Peter Murphy, per costruirsi un’identità. Gli Esben di contro, pur non inventando nulla, riescono a creare perfetti congegni pop (anzi “nightmare pop” come li chiamano loro) usando il linguaggio del gotico inglese come fosse una grammatica.
The Marching Song cos’altro è se non la loro Spellbound, rallentata, inacidita e astutamente inquietante nella sua fissità ritmica? E il riferimento ai Banshees torna con insistenza nel corso del disco, non foss’altro che per il taglio veemente e glaciale dei vocalizzi della cantante Rachel Davies, novella dominatrix dark, che da sola fa metà disco alternando cupa crudeltà (Chorea) e malinconiche verità (Eumenides, Swans). La produzione di Daniel Copeman completa l’opera intervallando abilmente elettronica e chitarre, riverberi ed echi, in un modo che a tratti li porta dalle parti di una Björk arcigna ed austera (Light Streams, Hexagons IV) o meglio ancora di una Bat For Lashes per adulti (Warpath). Violet Cries è un altro esempio perfetto di come nella pop music nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.” Sentireascoltare
“When Esben and the Witch released their 2011 debut, Violet Cries, it aligned them with then-current goth pop (Zola Jesus, Austra, Chelsea Wolfe), and, as Jayson Greene concluded in his review of the album, “the cumulative impact [was] more tepid than bone-chilling.” The Hexagons EP released later that year diluted the debut’s hints of darkness even further. But the band’s new album, Wash the Sins Not Only the Face, manages to transcend the band’s cobwebby connotations. Here Esben and the Witch lean towards post-rock, which edges them in the direction of bands that are haunting without being specifically gothic, like Warpaint or Wild Beasts.
Singer Rachel Davies keeps within a narrower vocal range on this record, employing dense layering as a means of intensity. “I haven’t drunk for days/ I’m heady with the haze/ I’m sinking,” she sings on the hypnotic “Shimmering”, where rattlesnake tail guitars shake over ride cymbals. The song is emblematic of the sustained tension that ebbs and flows over the course of Wash the Sins; “Slow Wave” never really reaches a specific precipice, but maintains a nervous edge thanks to its militaristic drum beat and the eerie sounds coming from Thomas Fisher’s guitar.
That said, Wash the Sins isn’t just a mood exercise. One of the shortest songs on the album, “Despair”, where clawing guitars build to a vicious climax, is noticeably louder than anything they’ve done before. “When That Head Splits” has some bounce in its rhythm, and opener “Iceland Spar”‘s initial seconds of silence are swiftly exploded by a spiky maelstrom– a satisfyingly furious streak picked up in the appropriately named album closer, “Smashed to Pieces in the Still of the Night”, where high-pitched, dissonant guitars riff out to a galloping, near-proggy conclusion (…)” Pitchfork
L’Associazione culturale A Night Like This, in collaborazione con il Comune di Chiaverano, annuncia il ritorno di A Night Like This Festival, il 20 Luglio 2013 a Chiaverano (TO) per la sua seconda edizione.
Tra gli artisti in line-up: Esben and The Witch, il trio di Brighton la cui cantante Rachel sembra incarnare il mondo di Emily Brönte in un’opera sofisticata, dark e pop allo stesso tempo – Egyptian Hip Hop, la rivelazione di Manchester: chitarre abbronzate e sintetizzatori, irresistibili ed imprevedibili, trascinano i tuoi sensi lontano in qualche isola del Pacifico. Vadoinmessico, la band cosmopolita con base a Londra ed il suo mix di strumenti e ritmi di varie culture tenuto abilmente insieme da raffinate melodie pop – Cosmo, il cantautore del futuro anteriore che fa convivere la canzone d’autore con l’elettronica e la psichedelia in un live che è tutto una sorpresa – Dumbo Gets Mad, il duo formatosi tra Los Angeles e Reggio Emilia in una fusione ad alto contenuto psichedelico. Inoltre Paletti,Brothers in Law, Le Case del Futuro e molti altri.
Lo scorso anno il piccolo paese, gioiello medievale nascosto nel Canavese, accanto ad Ivrea e ad un passo dal bellissimo Lago Sirio, ha aperto le sue porte ad un pubblico giovane e curioso che per un giorno ne ha raddoppiato la popolazione.
La scommessa è stata vinta: un viaggio non solo musicale, ipnotico e coinvolgente in una location mozzafiato e fuori dai consueti circuiti cittadini. La proposta ritorna con oltre 20 band su tre palchi: 10 ore di musica, Area Expoprodotti handmade e degustazioni a km zero.
Strutture convenzionate, servizi navetta che collegano la vicina stazione di Ivreaall’area concerti e al campeggiosulle sponde del Lago Sirio, nelle cui acque è possibile nuotare circondati da un paesaggio unico, regalano la possibilità di trascorrere un weekend estivo low cost di puro relaxe magia,
Ticket: 10 euro – Apertura porte h 15:30 Inizio concerti ore 17:00
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